Senza glutine, celiachia, moda, business.
Se fate una qualche ricerca in google, o nei mezzi di informazione più tradizionali, inizierete a trovare queste quattro parole associate, buttate lì, come in un pessimo minestrone mediatico.
C’è anche chi, sfidando audacemente il senso del ridicolo, accusa il senza glutine di rovinare la cucina della tradizione e/o la ristorazione italiana.
Ovviamente come celiaca e come autrice di due blog sglutinati mi sento chiamata in causa e vorrei fare qualche chiarimento. Un’altra volta.
La celiachia, e la sensibilità al glutine, non sono una moda. Si arriva alla diagnosi dopo un percorso fatto generalmente di tentativi diagnostici lenti e confusi, e soprattutto dolorosi, como possono essere dolorosi due aborti spontanei legati quasi certamente alla celiachia.
A proposito, ma sapete veramente cosa sono la celiachia e sensitività al glutine? Visto che se ne parla ormai sempre più fuori contesto, come fenomeno modaiolo, quasi hipster, invito tutti a rileggere cosa è la celiachia e cosa è la sensibilità al glutine, (chiedendo aiuto ai nostri lettori a diffondere ancora l’informazione) e poi mi dite, per favore, cosa vi è di così “fashion” in questa condizione clinica?
Io non ho visto nessuno gioire e ballare la giga al momento di ricevere la diagnosi di celiachia che proibisce, e ripeto proibisce, ogni minima traccia di glutine. Anzi ho visto ribelli gridare disperatamente: “ma a me il cappuccino al bar non lo toglie nessuno!”
La celiachia non è una scelta, non è un abito che posso cambiare domani, non è un capriccio. Non è una moda.
Non confondiamo la realtà italiana o, in generale europea, con quella che ci raccontano venire dagli USA. Gli Stati Uniti sono sempre stati il paese delle diete iperproteiche, il paese della carne, dell’eccesso calorico. Ma anche se negli Stati Uniti esiste una tendenza a eliminare il glutine, dalle informazioni che abbiamo dai celiaci, la vita non è rose e fiori: non è che a ogni piè sospinto si possono trovare ristoranti, bar e market con prodotti garantiti senza glutine e soprattutto senza contaminazione da glutine. Pensate che una catena diffusa come Starbucks non produce direttamente snack gluten free e non garantisce le condizioni per evitare la contaminazione da glutine, e se non bastasse molti frappuccino’s, latte’s ecc. hanno glutine. Lo sapevate?
Perché si parla tanto di celiachia e senza glutine? Perché, e per fortuna, qualche agenzia di stampa ha scoperto che è un fenomeno in crescita, grazie alla consapevolezza e all’aumento delle diagnosi.
La consapevolezza nasce grazie al lavoro costante dell’ Associazione Italiana Celiachia; al lavoro capillare e minuzioso delle blogger celiache e senza glutine, ma sì, anche grazie a Gwyneth Paltrow e a tutti i ricchi e famosi che ogni tanto dichiarano che fanno una dieta gluten free.
Perchè così va il mondo. Sono più di 30 anni che l’AIC fa un serio lavoro sul territorio, ma se la notizia arriva dagli Stati Uniti allora diventa un fenomeno di massa.
A massa corrisponde, come se fosse gemella, la parola business. Adesso ci sono le urla di dolore sull’aumento del business delle industrie alimentari del senza glutine.
E qui, invece, sì che balliamo la giga! Balliamo la giga perchè abbiamo più opzioni di scelta e sempre di maggiore qualità, perchè ci sono piccole e grandi realtà che in concorrenza tra loro stanno facendo migliorare i prodotti senza glutine in tutti i sensi: gusto, ingredienti, disponibilità.
Balliamo la giga perchè anche grandi aziende sono entrate nel settore e possono solo portare un equilibrio sui prezzi e se la grande distribuzione entra nel gioco è ancora meglio: la mia mamma non troverà il mio pane preferito solo in farmacia.
Altra domandina ai detrattori del business: secondo voi è possibile che masse di consumatori scelgano prodotti che costano almeno il 30% in più di quelle con glutine e sostengano questa spesa nel tempo, o forse non è più plausibile che se ci sono uno o due celiaci in famiglia alla fine si cerchi di semplificare le cose e si comprino per esempio i cornetti gelato senza glutine per tutti (buonissimi tra l’altro), o si faccia la pasta senza glutine per tutti.
Se volete più informazioni sul numero di celiaci e altri dati interessanti li trovate nella Relazione annuale al Parlamento sulla celiachia del 2012 del Ministero della Salute.
Non riesco proprio a capire, aiutatemi a farlo, il perché, in molti, commentano questi dati di crescita del settore come se fossero negativi. Una volta che in una crisi generale c’è un settore che funziona, lasciamolo funzionare, e al meglio.
C’è chi addirittura paventa una distruzione delle ricette tradizionali perché tra gli ingredienti non c’è la farina di grano.
Errore, grave errore, perché se c’è una cosa che hanno fatto i celiaci e tutti quelli coinvolti nel senza glutine: mamme, blogger, aziende, è stato quello di afferrarsi alla tradizione e cercare di trovare formule che si avvicinassero il più possibile all’originale, in una serie che possiamo intitolare alla ricerca del sapore perduto. Per farlo si studiano le ricette e le tecniche originali nei più piccoli dettagli, nelle minuzie: è probabile che una blogger celiaca sappia fare le brioche con il tuppo con il glutine meglio di molti glutinosi, perchè quella ricetta glutinosa è stata studiata, rimaneggiata, rivista come non mai.
Ah se poi l’oggetto del contendere è un pandoro, devo capire bene la logica dell’ urlo di dolore: sostanzialmente è un prodotto industriale e non comprendo perché sono invece valide le orrende versioni con creme e altre cosette frutto dell’immaginazione dei product manager.
Quasi nessun celiaco o sensibile al glutine ha scelto la forse più saggia alternativa di un’alimentazione differente, con pochi cerali, con frutta e verdura: sfogliate i libri e i blog senza glutine, e, ripeto, troverete tantissime versioni di ricette tradizionali adattate, con sforzo e sperimentazione, e se intervistate un celiaco saprete quanti piatti sono stati buttati in pattumiera perchè lontani dal ricordo del sapore.
C’è chi mette in discussione la salubrità dei prodotti senza glutine, ma anche qui siamo alla dichiarazione allarmista che fa fare tante visite al sito o vendite al giornale. Non ci sono studi specifici chiari, confronti razionali.
Nei prodotti senza glutine ci sono additivi alimentari, come in quelli con glutine. Fanno male? Non è detto. Ne abbiamo parlato abbondantemente, anzi abbiamo fatto un pratico pdf che potete sfogliare quando volete.
Come sempre siamo davanti a scelte: se mi abbuffo di merendine con o senza glutine faccio male alla mia salute per l’eccesso di grassi e zuccheri, se mangio solo yogurt invece pure, perché il trucco di una sana alimentazione è l’equilibrio, il bilanciare tutti gli ingredienti e tutti i nutrienti, e ogni tanto soddisfare la “voglia di qualcosa di buono”, perché siamo animali complicati e anche l’effetto compensatorio del cibo ha il suo perché.
E poi bisogna muoversi, non c’è alimentazione sana che tenga se non ci si muove. Stiamo seduti per una media di 8 ore al giorno e pretendiamo di essere sani, magri e informa splendida? …Difficile.
Quando si parla di business, sotto sotto, stiamo mettendo in discussione i buoni per i celiaci? Strada pericolosa, ne abbiamo già parlato, per i celiaci mangiare senza glutine è il farmaco.
Mettiamo in discussione anche la sensibilità al glutine? Abbiamo abbondantemente parlato anche di questo: non è un autodiagnosi, ci si arriva per esclusione e abbiamo anche spiegato che il glutine dei cereali glutinosi è stato modificato negli ultimo decenni, così come la qualità e il tipo di grano usato per la maggior parte della produzione industriale, ma i veri colpevoli sono i geni: celiaci e sensibili hanno vinto una perversa lotteria genetica che fa scattare i sintomi e attivare i processi autoimmuni.
In finale e quasi come una contraddizione vi dico: se non avete sintomi mangiate glutine senza proccuparvi e godetevi il croissant sfogliato della migliore pasticceria della citta, se avete sintomi, tra cui anche anemia e stanchezza, mangiate glutine lo stesso, e mangiatelo sino al giorno in cui vi daranno la diagnosi certa con il risultato della biopsia che dimostra un danno ai villi intestinali: solo così potete essere certi di soffrire di questa patologie.
Non fate autodiagnosi.
Non fate autodiagnosi, non giocate con la vostra salute. Ma tanto sappiano che il cornetto sfogliato……….chi rinuncia autonomamente e a vita a cappuccino e brioche?
fonti:
http://www.salute.gov.it/imgs/C_17_pubblicazioni_2103_allegato.pdf
http://celiacdisease.about.com/od/eatinginrestaurants/f/Starbucks-Gluten-Free.htm
http://www.drschaer.com/it/stampa/comunicati-stampa/mercato-mondiale-del-senza-glutine-in-crescita-del-19-dr-schaer-prima-nei-maggiori-paesi/108/
http://goop.com/
Per gli articoli su moda, celiachia e business basta che facciato un giro nel web….
Lo so, sono anomala, ma io a cappuccino e brioches del bar non le mangerei proprio più.
Sarà godurioso, sarà una tradizione, sarà tutto quello che volete, ma cominciare la giornata con una colazione diversa, nutriente e appagante, che ti fa sentire bene, senza latte, caffè e grassi vari, non ha prezzo!!!
😉
Cara Simonetta, condivido in pieno questo tuo articolo intelligente, puntuale e corretto. Grazie per queste riflessioni. Simona
un bellissimo e appassionato articolo, condivisibile al 100%
brava simonetta!!!!
Condivido pienamente. Ottimo articolo!
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