Quando in redazione si è cominciato a parlare di contest i dibattiti si sono accesi. La cucina certo, è uno degli elementi fondamentali del nostro blog e anche della nostra vita. Ma di concorsi, contest e giveaway bellissimi con ricette ce ne sono tanti.
E allora cosa chiediamo ai nostri lettori?
Praticamente all’unanimità è venuta fuori l’idea di mettere insieme istantanee di luoghi intimi e speciali…quasi magici.
Un luogo lo si può raccontare in tanti modi: con le parole, con un disegno, con una foto, con un video, ma anche con un piatto, con un vino, un profumo.
Ma tutte queste cose come le mettiamo sul nostro portale?
Briefing e discussioni lunghe, lunghissime c’hanno portato fin qui. E grazie alla collaborazione di Garofalo abbiamo messo in piedi il nostro primo contest. Emozionante, sicuramente.
La verità è che in fin dei conti un po’ ci è spiaciuto dover partecipare fuori concorso.
Io stessa ho pensato per tutta la durata del contest a come avrei partecipato a #secondastellaadestra, raccontando il MIO luogo.
E soprattutto ho pensato a quale è il MIO luogo. Casa mia di certo, tutti i luoghi del mondo che ho visitato…quelli pure. Mi sono rimasti dentro. Ma se ci penso quale è davvero quel posto che mi mozza il fiato tutte le volte che lo vivo?
Gira e rigira arrivavo a lui. O a lei. Una piazza, sì. Ma non tutta la piazza. Un piccolo scorcio di una piazza che tutte le volte che ci passo davanti il cuore si ferma e gli occhi si velano.
Sarà la luce, boh. O sarà la storia. Ma la vista di Piazza Pretoria da Corso Vittorio Emanuele subito dopo passati i quattro canti quando in fretta scendi verso il mare. Sì, è questo il mio luogo del cuore. Ma lo amo così tanto da non averne nemmeno una foto.
E allora ve lo lascio immaginare o magari scoprire.
Adesso vi lascio ai vostri contributi. Ve li facciamo vedere tutti insieme. I nostri giudici, pazienti, simpatici e disponibili ci comunicheranno presto i nomi dei vincitori che porteranno a casa i premi offerti da Garofalo (il box di pasta senza glutine e i codici per scaricare le ricette del progetto Unforketable) e un taccuino con i contributi e i racconti più belli.
Prima di tutto vi ricordiamo i nostri giudici:
Ed ecco a voi i contributi:
Antonietta Ulivieri Moretti partecipa con tre scatti:
“Il bianco abbacinante, il mugghiare del mare, l´acciottolare dei piatti e le sgagliozze.
centro storico di bari.
ps: dicesi sgaliozza un rettangolo di polenta fritto (rigorosamente per strada, in olio fritto e rifritto)”
Enrica Montella Racconta la Grande Mela:
“La grande MELA….energia allo stato puro… vita…frenesia…opportunità..ma anche tramonti struggenti…
e il luogo più emozionante in assoluto:il nuovo World Trade Center ….il ricordo… la sofferenza…la memoria…. un nuovo progetto del grande Daniel Libeskind …. le vasche nella posizione delle fondazioni delle vecchie Torri Gemelle…. le cascate d’acqua che rappresentano la vita…
Chinatown…il colore…Manhattan…il potere…Brooklyn …il quartiere alternativo…Soho la storia…Central Park e la domenica mattina… un caffè da Eisenberg’s…un giro da Sonoma…un bicchiere di birra ghiacciata da Kat’s..ricordando il cinema…Woody Allen…e lo stupendo melting pot culinario che ti fa mancare quei particolari sapori e odori …quel fumo … i taxi gialli …tutto è new york…e l’attesa di prenotare un nuovo biglietto e tornare ancora a guardare con nuovi occhi e con vecchi rituali una metropoli che mi ha preso ‘dentro’ …e che mai mi abbandonerà”
Luigi Pipitone ci ha regalato uno scatto di Favignana:
“Prima di tuffarsi a mare, la terra ha posto come suo ultimo baluardo il faro.”
…il contributo di Aurelia Di Caro:
“Note su Roma: il tempo sembrava essersi riversato tutto in quell’abbraccio; in quelle luci e quei colori riesco a vedere sempre il tramonto.”
La magica Maremma Toscana di Isabel Fontana:
“Un posto magico.
Per me è questo.
Mi affaccio dal balcone e guardo come la sera scende lungo le stradine di questo paese abbarbicato in cima alle colline maremmane.
Le stradine, che di giorno sono frequentate da turisti e anziani del posto, alla sera e di notte, sono abbandonate e silenziose.
Il silenzio è rotto solo dal rintocco della campana che segna l’ora.
Questi vicoli stretti e bui sono il paradiso dei gatti. Ce ne sono tantissimi e se guardo bene lì, nell’angolo, ne vedo uno, pronto a scattare verso la sua preda notturna e ignara.
Qui, i miei bisnonni e prima ancora i loro genitori e gli avi, hanno vissuto, tramandandosi le leggende dei briganti sulle montagne e i racconti dei butteri e dei loro cavalli.
Ora, questa mia terra è di nuovo martoriata dalla tempesta e dalla furia dell’acqua.
Passata la tempesta, il cielo tornerà sereno e la luna illuminerà ancora una volta i tetti e le strade di questo piccolo paese immerso nella Maremma Toscana.”
Elisa Di Rienzo ha mandato uno scatto coloratissimo:
“Panama e le sue bellezze naturali regalano la sensazione di aver scovato un tesoro nascosto, che il resto del mondo deve ancora scoprire.”
Lo scatto di Maria Cerulli:
“Mi ricordo ancora il silenzio, la pace, lo spirito e la devozione che ho provato in questo tempio di Chang Mai, il mio posto del cuore.”
Sandra Pilacchi ha inviato un racconto intimo:
Mi avvicino alla mezza età, o forse sono oltre, non lo so, ma tra qualche mese compiro i miei primi 50 anni. E ti viene naturale fare bilanci, ricordare, rimpiangere, sorridere. E fra questi ricordi di sicuro c’è la mia infanzia. E nella mia infanzia c’è il mio luogo del cuore. La piazza, la piazza del piccolo paese dove sono cresciuta,(Pontassieve, salito alle cronache per via della politica degli ultimi tempi) alle porte di Firenze ma ancora quasi in campagna. Anni 70, paese di provincia. Tutto il mio mondo era circoscritto in quel piccolo agglomerato di case: le amiche, la scuola, la casa. Ma la piazza di San Francesco…. Nella piazza si sognava. Nella piazza potevi essere chiunque, potevi essere un pirata, potevi essere un astronauta, un’attrice famosa, una principessa. Me la ricordo con gli occhi di bambina la piazza: c’erano le aiuole con i fiorellini colorati, i tromboncini di tutti i colori sotto i grandi olmi che porgevano ombre profumate d’estate e dita gentili d’inverno, come se stare sotto di loro ti tenesse lontano da tutte le brutture del mondo, ti facevano sentire protetta. Non c’era ancora l’asfalto, era tutto in terra battuta e quando correvi insieme agli altri ragazzini si alzava una nuvola di polvere sottile che intorbidiva tutta l’aria facendo arrabbiare le ricamatrici di pettegolezzi sedute sulle panchine. Si, le panchine fatte di strisce di legno verniciate di verde con quei grossi chiodi a testa rotonda a tenerle insieme. E tutte le ricamatrici a tesser pettegolezzi a veglia, sedute sulle panchine sotto le foglie degli olmi a tessere fili di perle. Nonne, mamme, nipoti e zitelle a ciarlare di e spettegolare su tutti e su tutto. Ce n’erano per tutti i gusti di pettegolezzi, per tutte le età e per tutti i ceti sociali. E quando di pomeriggio noi si passava ruggendo e alzando polvere correndo a giocare a nascondino ti sentivi urlare dietro e minacciare che “guarda che lo dico alla tua mamma!”. Ma giocare a nascondino e nascondersi dietro i piloni del Ponte Vecchio a Sieve era una cosa incredibile, era come vivere in un altro pianeta. Il mio luogo del cuore è la piazza del mio paese: questa estate la piazza ha ripreso vita con una manifestazione enogastronica, Foodstock: musica, cibo, vino, allegria, ilarità. Si poteva chiedere di più ad un ricordo?
La Thailandia di Vatinee Suvimol:
“La mia terra, le mie origini, la mia essenza. Ogni volta che torno in Thailandia, ritorno bambina. Ritorno la bimba felice, che correva in mezzo ai prati a piedi nudi, la bimba magra, che mangiava un pasto al giorno, la bimba curiosa, che sbirciava nella stanza “sacra” della casa per capire se il Buddha avrebbe mangiato il piatto oggetto di benedizione..
Questi sono i ricordi legati agli anni più belli della mia vita e ogni volta che torno in Thailandia, come quest’estate, mi sovvengono questi momenti immemorabili.”
…la “prima volta” di Maria Grecu:
“La prima volta che andai a Venezia non portai alcuna guida con me.
Fu una dimenticanza ma anche una fortuna!
Perdersi per calli e campi e scoprire uno dopo l’altro i gioielli della città lagunare è stato entusiasmante come vedere il mondo con gli occhi di un bambino.”
Giovanni Manta ci porta nella sua terra natia:
“Il giallo e il blu.
Sono nato in Sicilia e amo la mia terra.
Ogni anno quando vi faccio ritorno e mi ritrovo circondato dalle distese collinari dell’entroterra che, arse dal sole, si perdono a vista d’occhio in un cielo di un azzurro raro, dimentico in un attimo la nostalgia di un lungo distacco.”
MEDITERRANEO. AI TEMPI DELLA CRISI di Patrizia Malomo:
“La prima cosa che ti porti via lasciando la Grecia è un senso di azzurro.
Puoi stingere gli occhi, concentrarti sui ricordi, rivivere in rewind con la memoria il tuo viaggio, ma sempre lì ritorni: in quel senso di azzurro che ti pervade, ti solleva e ti resta dentro per giorni.
Sto per tornare. Sei anni dall’ultimo viaggio sono tanti e non so veramente cosa aspettarmi.
Athene all’epoca era una città appena uscita da un’Olimpiade.
Nulla lasciava presagire quello che da lì a poco l’avrebbe travolta.
Adesso non ne parla più nessuno, ma il fallimento di un paese non è roba per vecchi. Neanche per giovani.
Non conosco la Grecia come vorrei, non ho visitato le isole e probabilmente le lascerei per ultime dovendo scegliere. Qualsiasi luogo gremito di turisti smaniosi mi fa venire voglia di stare a casa mia.
Arrivo che il sole è già calato. Con i miei compagni di viaggio dobbiamo raggiungere Kalamata e lo facciamo in auto.
Per deformazione professionale ho bisogno di darvi un’idea di dove si trovi Kalamata, nota ai più per le sue magnifiche olive grosse e carnose.
Parliamo di Peloponneso ed in particolare di Messenia.
Il Peloponneso è quella penisola che rappresenta il sud del paese ed ha la forma di una piccola mano a 4 dita. E’ collegato al resto del continente dallo stretto di Corintho, che è proprio il posto dove ci fermiamo per una piccola pausa ristoratrice. Abbiamo ancora due ore di viaggio per raggiungere la nostra destinazione, situata tra il mignolo e l’anulare della mano in questione. E’ già notte.
Nel piccolo paese di Antica Corintho non c’è praticamente nessuno, tranne sparuti capannelli di uomini locali che guardano la partita di turno dei Mondiali. I ristoranti sono ancora tutti aperti, ma vuoti ormai. Le dieci di sera di un giugno inoltrato: mi immobilizzo di fronte al Tempio di Apollo illuminato nel buio e mi domando perché non ci sia la fila per ammirare questa bellezza. La domanda si perde nel silenzio della notte.
Viaggiare la notte può essere romantico e sollecita pensieri ed emozioni, ma non ti fa capire nulla di ciò che succede intorno a te. Il paesaggio è solo una lunga ed interminabile pausa silenziosa e scura e non vedi l’ora di raggiungere il tuo Hotel. Però quando ti svegli è come avere fatto un salto nel tempo e nello spazio.
Luoghi sconosciuti che ti si aprono di fronte nella loro quotidianità, facendoti venire la voglia di stropicciarti gli occhi per essere sicura che lì, adesso, ci sei proprio tu.
Kalamata si apre sul mare ed alle spalle l’abbraccia una distesa di olivi argentati. Il centro storico è minuscolo, pulito, tranquillo ed integro. I monumenti non sono molti ma tra loro emerge lo splendore della chiesa Bizantina dei Sacri Apostoli, in pietra color della sabbia.
La gente ed i bambini siedono intorno alla chiesa, sulle sue scale ed i suoi muretti e si rilassano all’aria fresca del tardo pomeriggio. Qualcuno fa la fila per uno spuntino prima di cena. La sensazione di casa è forte.
I greci ci assomigliano: nel senso dell’accoglienza e nel piacere del convivio. Ma anche nella voglia di divertirsi e condividere.
Non per niente sui loro menu, le mezas, ovvero gli antipasti hanno una lista infinita perché a tavola si può stare anche solo per chiacchierare spiluccando dai piattini.
Non so dire. Mi aspettavo di trovare cittadine depresse, strade vuote.
L’effetto è completamente opposto. Non ci sono molti turisti. Pochi direi.
Ma la gente del posto è in strada, nelle botteghe, sta insieme. I negozi destinati ai locali, sono scarni, poveri.
Poi svolti l’angolo e ti si apre la bottega di spezie, carina, con la commessa sorridente e complice che parla volentieri in inglese e ti accompagna nel giro sciorinando il nome di tutte le polveri ed il loro utilizzo. Tu saccheggi il negozio e lei ti regala Ouzo e tavolette di sesamo al miele.
Esci, volendo ritornare.
Non riesco a trattenermi e faccio domande a chi mi capita.
Ma com’è un paese fallito? Cosa succede alle persone?
Qualcuno mi risponde che in campagna non è cambiato poi molto.
L’agricoltura, le terre, la pesca: chi ha la fortuna di avere un terreno ed una barchetta, ha tirato avanti in maniera più o meno dignitosa. Lo sguardo è di chi sta affrontando una prova, ma lo fa senza paura.
L’idea della rinuncia al benessere in un luogo come questo è paradossale.
Probabilmente l’impressione che ho è fasulla, ma se dovessi trovarmi al posto di questa gente, forse avrei il loro stesso sguardo.
Sono sempre più convinta che cercare l’isola sia uno sbaglio.
Quando poi da Kalamata ci spostiamo a Koroni, con un viaggetto di c.ca un’ora, capisco che nella mia seconda vita scapperò qui.
E forse ci farò il nido.
Lungo il percorso veniamo travolti da una vegetazione lussureggiante: buganvillee, aranceti, girasoli, campanule viola arrampicate su qualsiasi cosa abbandonata, e poi olivi, vigneti, paesini deliziosi.
Superiamo una stazione di servizio con tre pompe di benzina, vecchia ed un po’ sgarrupata.
Sulla pompa centrale, una gentile signora ha appoggiato un vaso di gerani.
Mi viene da ridere di tenerezza. In ogni situazione si cerca di migliorare e trovare il bello.
L’accoglienza a Koroni è di quelle che lasciano il segno per sempre e da cui cercherò di trovare ispirazione nei momenti grigiastri.
La padrona di casa ci coccola con piatti della tradizione ma mi rendo conto di stare facendo il giro del Mediterraneo in punta di forchetta ed il primo pensiero che mi passa per la mente sono le mie amiche blogger, che di fronte alla tavola imbandita, avrebbero un sussulto. Come sta succedendo a me.
Al momento del dolce, la padrona di casa mi racconta in perfetto italiano, la storia di un dolce che viene servito nei momenti speciali, in particolare ai matrimoni.
Si tratta del Diplos, una pasta tirata sottile, arrotolata come un diploma e fritta in olio profondo. Il dolce viene poi cosparso di miele e frutta secca. Con la sua voce gentile mi spiega che il dolce è arrotolato perché la felicità non possa scappare. Io trovo la cosa talmente piena di poesia e romanticismo che, nonostante sia colma di cibo fino all’orlo, ne prendo uno con gratitudine.
Per oggi credo di aver già ricevuto la mia dose di felicità.
Koroni è affacciata sulla punta interna del mignolo della nostro Peloponneso.
Piccola, splendida e quasi sconosciuta, ha un passato recente piuttosto doloroso: durante la seconda guerra mondiale l’intera città fu occupata da Tedeschi ed Italiani che privarono delle case i propri abitanti.
Eppure il centro storico è ancora integro e meravigliosamente suggestivo.
Pochi turisti passeggiano lungo il porto mentre scende il tramonto.
Mi guardo intorno, prigioniera del senso di azzurro.
Cammino sbirciando nei portoni aperti, in cui si intravedono piccole corti fiorite, le botteghine semivuote, le panetterie, le pasticcerie.
Mi soffermo davanti ad un negozio buio, nel quale scorgo un anziano signore seduto su uno sgabello, circondato da montagne di carta, giornali, riviste, oggetti di vario genere appoggiati ovunque disordinatamente. Non ci sono mobili, molte cose sono sparse per terra.
La porta è vecchia, i vetri rotti, nessuna insegna. E’ un’edicola.
Passo oltre sorridendo…qual’è il problema?
Koroni è il posto dove puoi ancora entrare nella cucina di un ristorante, guardare il pesce e scegliere quello che ti piacerebbe mangiare, magari suggerendo la ricetta che ti va sotto lo sguardo divertito del gestore, come un piatto di spaghetti con frutti di mare.
Che è quello che mi vedo servire, perfettamente al dente!
Mentre torniamo verso l’Hotel, diamo uno sguardo agli annunci di vendita case.
Con maggiore attenzione del solito. Per la prima volta mi succede di pensare che qui potrei davvero viverci. Lontano dalla pazza folla, lontano da bisogni creati.
Semplicemente immersa nell’azzurro e nella semplicità.
E già nella mia mente faccio progetti che mi tolgono la malinconia della partenza.
Il distacco non sarà così complicato.
Tanto, prima o poi torno.”
Il contributo di Gaia Innocenti:
“Il profumo dell’aria di campagna.
La chiesetta che domina la vallata, i campi di farro e le nuvole nel cielo azzurro.
Ancora oggi, essere qui mi fa respirare quello che è stato e quello che sarà.”
Viviana Leto ci porta in Sicilia:
“La mia piccola valle incantata custodisce ricordi ricchi di profumi, mille colori, infinite avventure. È serenità per un cuore infranto, è amore sotto un cielo stellato. È il meraviglioso odore della terra dopo un temporale, il calore di un camino e di una famiglia riunita attorno ad una tavola imbandita. È questa la mia #secondastellaadestra. Santo Stefano Quisquina, Agrigento.”
Caterina Murrazzu qual è il tuo luogo del cuore?:
“Rispondere a questa domanda non è semplice ma pensando all’estate scorsa devo dire che il posto che mi ha regalato una bella emozione l’ho trovato in una zona bellissima della Sardegna : l’Ogliastra. Io sono sarda e quindi conosco abbastanza bene la mia terra anche se l’ho lasciata a 17 anni. Comunque ogni anno cerco di visitare nuovi posti marini e l’anno scorso era la volta della zona di Tortolì. Ovviamente ogni volta che mi muovo devo pensare a caricare il mio bagaglio senza glutine e sperare di trovare in loco anche qualche cosa di fresco per me…Comunque un giorno andando al mare ho girato lo sguardo oltre una strada e leggo di sfuggita la parola GLUTINE…La prima cosa che ho fatto è stata quella di dare una manata a mio marito che guidava accanto a me e le ho ordinato di fermarsi subito, ovviamente!!!Era un piccolo negozio con un’abitazione e con fare circospetto mi sono avvicinata alla vetrina e ho iniziato a leggere tutto quello che avevano e non credevo ai miei occhi…Finalmente avrei potuto assaggiare anzi riassaggiare tutti i dolci sardi che conoscevo da piccola nonche’ tanta pasta fresca e pane appena fatto che non potevo credere fosse possibile trovare un un piccolo paese di mare…comunuque entro e trovo il mio posto speciale con tutti i profumi e i sapori della mia terra…Non sapevo piu’ dove guardare e da scegliere perche’ veramente ero in Paradiso!!!Non dimentichero’ mai questa bellissima sensazione e anche se quest’anno sono tornata nella stessa zona e ovviamente ho visitato il negozio la mia gioia della prima volta è stata impagabile…”
Non servono parole per Mario Pepe e Roberto Badiali:
Lo scatto di Luigi Coluccia:
“Dove sono gli ulivi e la loro terra rossa , dove le ore del pomeriggio sono scandite dal canto dei grilli , li è il mio cuore , la mia vita.”
Il racconto intimo di Genny Gallo…
“#secondastellaadestra … che se fosse notte e quest’estate pazza non ci avesse regalato solo cieli coperti di nuvole, secondo me è seguendo questa indicazione che si potrebbe raggiungere Varenna.
Dal lago, ovviamente. Perchè è il viaggio che rende speciale la meta, nella maggior parte dei casi.
Arrivando oggi in quella che viene definita la perla del lago di Lecco, si troverà un piccolo borgo brulicante di turisti stranieri che restano affascinati dalla bellezze delle onde miti descritte da Manzoni e dal buon cibo che si può gustare con calma seduti a uno dei tavolini nella piazzetta che si apre alla fine della passeggiata degli innamorati. E poi si troveranno gli abitanti del paese. Quelli che sono stanchi di vivere in un luogo fatto solo di acqua e montagna, che scappano ogni mattina verso Milano, alla ricerca di una soluzione migliore di quella in cui vivono, e che durante l’estate preferiscono partire alla volta di rinomate stazioni balneari piuttosto che godersi le acque salmastre.
Per apprezzare bisogna prendere la distanza. Partire, spostarsi in mezzo a quel lago, “cunt un batel, una luzia”, una Lucia, dal nome che deriva a queste barche di pescatori dai promessi sposi. O con un semplice traghetto di quelli che oggi usa chi vuol conoscere queste terre,e che un tempo erano il solo mezzo di trasporto per attraversare il lago e raggiungere Como in breve tempo. Appoggiarsi al finestrino, con il naso appiccicato e la bocca aperta come quella di un bimbo, e guardare le case.
Quei palazzi signorili e colorati, come quelli liguri, che la motivazione di tutto quello spiegamento di colori è sempre la stessa, permettere a chi tornava dal mare, di notte, di riconoscere casa propria. Quella casa che alla partenza non erano certi di rivedere. E poi andare avanti. A ricordare che Varenna è stata la salvezza per molti, per quei comaschi cacciati dai milanesi dall’Isola Comacina, messa a fuoco per esser conquistata, e approdati qui, a far crescere e diventare ricco e fiorente quello che fino ad allora era stato un semplice villaggio di pescatori.
E dalla calma di quel finestrino guardarla oggi questa piccola perla. Dal silenzio rotto solo dal frangersi delle onde, osservare davvero con stupore quello che in una striscia di terra gli uomini sono riusciti a costruire, tra monti e acqua. Un paese ospitale e romantico, in cui oggi come allora cercare riparo.
Perchè è anche la meta che rende speciale il viaggio. E forse i laghèe di oggi dovrebbero smettere di scappare dalla propria terra, e tornare ad amarla e costruirla.”
Il Borgo del Fiordo di Furore di Teresa De Masi:
“Qualche foto, per provare a raccontare del Borgo del fiordo di Furore (SA). Perché se è la seconda stella a destra ad indicarmi il cammino, io non posso che scegliere di seguirla fino ad un un luogo come questo: un paese che non c’è.
Il borgo del fiordo di Furore non è un paese vero e proprio ma solo un grappolo di minuscole case (monazeni) cresciuto al fianco di una delle pareti scoscese, alle quali si arriva scendendo lungo una serie di scale o di sentieri tortuosi. Questi partono dalla strada costiera – che attraversa il fiordo grazie ad un ponte – oppure da Agerola da dove scendono lungo il sentiero degli dei sino alla spiaggia, cui è sufficiente avvicinarsi perché il mondo estraneo a quel luogo quasi cessi di esistere. Grazie alla conformazione del fiordo, infatti, sulla riva non arrivano altri rumori oltre a quello del mare, del vento e ai versi degli uccelli marini che nidificano sulle rocce a strapiombo.
Una volta percorse le scale, c’è un solo modo per vivere un posto come questo: sedersi sulla riva e fare silenzio. Il rumore delle onde renderà facile chiudere gli occhi per ritrovarsi immersi in qualcosa che assomiglia all’incanto, dove tutti i rumori del luogo lentamente si fondono in un unico suono in grado di catturare chiunque. Non è un caso che Li Galli, che la leggenda vuole siano i corpi pietrificati delle sirene, siano a due passi da qui: perché se in natura davvero esiste un suono simile al loro canto, è in posti come Furore che è possibile riconoscerlo ed ascoltarlo. Per poi rimanerne ammaliati per sempre. Assomiglia ad un sussurro, lieve e persistente, cui è facile abbandonarsi insieme alla sensazione – irragionevole eppure inevitabile – che in buona parte sia formato dalle parole di promessa pronunciate dalle infinite coppie che nel corso di secoli si sono seduti su quei gradini, su quella riva, e rimaste ad aleggiare per sempre nell’aria.
Promesse fatte anche di eternità – sin troppo facili, in un luogo come questo, che all’eterno finisce per assomigliare – forse simili a quelle che nello stesso luogo si scambiarono anche due amanti celebri come Anna Magnani e Roberto Rossellini, che nella primavera-estate del 1948 proprio a Furore alloggiarono mentre giravano alcune scene del secondo episodio del film Amore.
Tanto potente dovette però essere il legame con quei luoghi che Anna Magnani decise di acquistare un’abitazione del borgo (che ribattezzò – con una autoironia rara a quei tempi “Villa della storta“) distante solo pochi gradini dal Monazeno del dottore“, che invece ospitava il regista. Non durò a lungo quell’amore: solo il tempo delle riprese del film. Dopo, nella vita di Rossellini arrivò la Bergman e fu la fine tra lui e la Magnani che abbandonò la casa al suo destino e a Furore non mise più piede.
Ma tutto questo, guardando il mare del fiordo non ha alcuna importanza. Perché a Furore il paesaggio stesso è promessa di eternità, ed è sufficiente vagare con lo sguardo per ritrovare ovunque traccia dello splendore di un sorriso.
E per ritrovarsi a sorridere a propria volta, scoprendo di essere capitati in uno di quei rari posti in cui è sufficiente guardarsi intorno per tornare a credere, anche solo per un attimo, che persino la felicità sia un’eventualità possibile.”
La natura raccontata da Laura Ghezzi:
“Le “Marmitte dei Giganti” ovvero grandi cavità di roccia, frutto dell’erosione delle acque del Metauro, che mi piace pensare utilizzate dai giganti per il loro pasto.”
Arriviamo fino al vecchio west con Gabriella Pizzo:
“La mia seconda stella a destra, sarò per sempre nel mio cuore, ed una parte di me rimarrà li nel meraviglioso West Americano
chiudo ancora gli occhi e ne sento ancora il profumo.”
Ale Titti e la natura ricca di colore:
“La foto è stata scattata alla Gola del Furlo (PU)
Un posto che mi evoca tante emozioni, è questo angolo di paradiso nell’appennino centrale, luogo incantevole dove l’acqua sembra fondersi con le montagne.”
Live From Mars con Nanni Ballatore:
Il “Primo amore non si scorda mai”, ce lo conferma Simona Fruzzetti:
“Ho viaggiato un bel po’ nella mia vita e molti luoghi mi hanno suscitato emozioni fortissime, ma se dovessi scegliere emozioni fortissime più stupore, sicuramente sceglierei quel viaggio fatto tanti anni fa quando avevo diciannove anni.
Ok, rettifico: tantissimi anni fa.
Fu il primo viaggio all’estero, il primo viaggio in auto più lungo in assoluto, il primo viaggio con il mio fidanzato di allora.
Piccola pausa; andate nella chiesa più vicina, prendete un cero, accendetelo e gridate al miracolo: quel fidanzato, poi diventato marito, tutt’oggi è ancora al mio fianco. Già per questo, non meriterei un premio?
Dicevamo: primo viaggio in assoluto e tutto il mondo da scoprire. Meta scelta…indovinate un po’? Ma la romantica Parigi! Parì oh Parì, con la torre Eiffel, la basilica del Sacro Cuore e la scalinata che porta a Montmartre, i piccioni di Montmartre, le cagate dei piccioni di Montmartre…ma sto scendendo troppo nei dettagli.
In quelle dodici ore di auto ero euforica, galvanizzata, e così eccitata che qualsiasi cosa vedessi la fotografavo. Avete mai provato a fare delle foto dal finestrino aperto mentre la macchina sfreccia a centodieci all’ora? Bene. Avevo un rullino da trentasei di quadri astratti, sfocati e completamente insignificanti. Tipo che le foto potevano essere usate per il test ‘Dimmi cosa ci vedi e ti dirò chi sei, e se hai bisogno di uno bravo’.
Però una volta arrivata a Parigi…lo stupore! L’ho subito amata. Con i suoi profumati croissant, le baguettes sotto il braccio, i macarons colorati, i tavolini all’aperto, la Senna con i Bateaux Mouches …ci mancava solo Lady Oscar e Maria Antonietta e poi sarebbe stata perfetta.
Grazie a questo viaggio ho conosciuto la Metro, che ho imparato a usare perfettamente… dieci anni dopo, sì. Perché lì per lì, davanti a quel poster fatto di linee colorate e nomi francesi, mi imbambolavo manco fossi in preda alla sindrome di Stendhal.
E poi il Museo del Louvre, dove ho potuto ammirare la Gioconda. Ora. Ammirare è un parolone, perché la Monna Lisa tu te la immagini imponente, che ti guarda bella tronfia da una cornice di tre metri per due, invece è piccolina, sapete? E se davanti ci sono dei giapponesi appena scesi da un pullman di ottomila posti, tu puoi solo guardarla se sei campione mondiale di salto in alto, o se riesci a piroettare sulle punte tipo Roberto Bolle. Sennò non c’è verso. Però è stato molto emozionante.
Ho ceduto anche alle insistenze di un pittore di Montmartre che voleva a tutti i costi farmi un ritratto. Evidentemente ero molto bella. Anzi, bellissima. Non è che fanno ritratti a tutti a Montmartre, giusto? Ah. Mi state dicendo che li fanno a tutti. Ah, si guadagnano da vivere così. Effettivamente dovetti pagare…cioè, oggi sta notizia mi ha rovinato la giornata, io ve lo dico. Sono arrivata a quarant’anni vantandomi di essere stata ritratta a Parigi perché mi avevano scambiata per un’attrice di Hollywood. Che delusione.
Vabbè comunque ho altri ricordi molto belli di Parigi, tipo quando siamo andati in visita a Notre Dame nella quale, dopo aver salito tutti i gradini, in cima alla torre ho lasciato un polmone. Sì, okay, il vigilantes mi ha appioppato pure un soprannome: Madam Enfisema, ma anche questi sono sciocchi dettagli. O quando per sentirmi parigina inside mi sono ficcata la baguette sotto braccio per poi gettarla mezz’ora dopo perché mi si era impregnata di sudore che manco una spugna.
E poi la maestosità dell’Opéra di Parigi con il suo tetto verde pistacchio, Place de la Concorde con l’obelisco ornato di geroglifici (che io ho provato a decifrare senza successo e mi domando ancora oggi come diamine io non ci sia ancora riuscita vista la mia preparazione culturale…mah!), l’ Arco di Trionfo e gli Champs-Elysées… è tutto bellissimo a Parigi; così bohémien, con le signorine che sfoggiano il basco sulle ventitré, le luci che, al calar della sera, illuminano le tante mansarde dove immagino poeti comporre poesie struggenti per l’amata, con il battello che scivola silenzioso sulle acque della Senna accompagnando col suo fruscio la passeggiata di due amanti sulla riva.
Parigi è magica, così viva di giorno, così romantica al tramonto, così nostalgica la notte.
Una dama che si lascia scoprire piano piano, misteriosa e un po’ scontrosa, ma con un fascino così potente che, una volta conosciuta, non potrete più dimenticare.
Come il primo amore, del resto.”
E andiamo ad Armeno con Costantino Ottone:
“Armeno, il paese che mi sembrava in capo al mondo
Cresceva gracile, Costantino: aveva dovuto superare tanti intoppi per venire al mondo.
Per questo godeva di grandi attenzioni!
A fine maggio mia nonna Seta partiva con me dalla Stazione dei treni in mezzo alla campagna .
Si cambiava subito a Borgomanero e si scendeva a Legro, frazione di Orta San Giulio.
Qui ci attendeva il nostro parente, con il cavallo ed il carretto. Se, durante il percorso, il quadrupede faceva i suoi bisogni, occorreva scendere a raccogliere in un secchio le brelle, concime prezioso per l’orto.
Il viaggio terminava ad Armeno, sulle prime pendici della Montagna.
Mi divertivo, in quelle giornate. Al mattino seguivo il padrone di casa a cercare funghi nei boschi sotto il Mottarone. Al pomeriggio una vicina mi prendeva per mano e mi accompagnava ad una siepe di ribes maturi. Me ne facevo sempre una scorpacciata.
E quante corse in un prato disseminato di ranuncoli gialli come il sole!
Armeno era un paese bello e tranquillo, e l’aria che scendeva dal Mottarone un ricostituente per me.
Quando il cielo metteva il broncio, guardavo per ore all’insù, dove le nubi disegnavano autentiche meraviglie d’arte. C’era tanta premura per quel bambino minuscolo e, quando si tornava a casa, mi dispiaceva.
Quella vacanza comportava un viaggio di molte ore, e quella meta mi sembrava, allora, in capo al mondo. Non mi pare vero, adesso che ci arrivo in macchina in qualche decina di minuti.
Lo so per certo, perché, alcuni giorni fa, sono andato a rivedere la Chiesa dell’Assunta, del XII secolo, impreziosita dal dipinto di Fermo Stella da Caravaggio e dagli affreschi del Quattrocento.
Con una rarità assoluta: l’affresco della Trinità tricefala ( tre teste su un unico corpo).
Questa particolare raffigurazione venne condannata da Vescovi, Concilii, Papi e fu grattata via in gran fretta dai muri di tutte le chiese.
Ma qui è rimasta indenne nei secoli.”
Valentina Manfredini ci porta nel cuore della terra:
“Giungere fino al tesoro è come nascere dalla terra, attraversare le sue strette pareti anguste, ed esalare il primo, singhiozzante respiro.”
Contributo video di Saverio Lo Presti. I faraglioni di Scopello visti dal mare visibili sul canale You Tube:
https://www.youtube.com/watch?
Christina Federpiel ci porta in Kenya:
“C’è un solo posto nel mio cuore che ancora oggi, a distanza di quattro anni, mi fa venire il magone e sento una stretta al cuore che non avevo mai provato prima e nemmeno dopo… il kenya … è proprio vero che quando ti parlano di “mal d’africa” non è solo un modo di dire, ma è un sentimento che non si può descrivere. ricordo gli odori, i sapori, il rumore delle onde, le persone, gli animali selvaggi e i colori che porterò nel mio cuore per sempre. la mia speranza è di poterci tornare un giorno, ma nel frattempo … mi basta chiudere gli occhi per ricordare questo luogo così speciale e indimenticabile.”
E con Marcella Calabrese sentiamo la voce di Montalbano:
“Questa immagine è lo sfondo della mia infanzia, mi sono nutrita dei colori di questo posto magico che mi ricorda piedi nudi, vento nei capelli e giochi nascosti in mezzo ai muretti a secco. Si trova in Sicilia, ed è ormai conosciutissimo, grazie a Montalbano, come ‘La Mannara’. Ma per noi che ce l’abbiamo nel cuore, rimarrà sempre ‘u Pisciuottu’ (RG, Sicilia)”
Una Cortina D’ampezzo inedita quella di Monica Giustina:
“Questo è il mio luogo del cuore, il Lago Sorapis vicino al Rifugio Vandelli, sopra al mio paese, Cortina d’Ampezzo.”
Non ha dubbi Barbara Marini…
“Se mi chiedessero di indicare un luogo dove voler morire ed essere sepolta, ecco per me sarebbe panarea! è un’isola magica, il buio della sera rischiarata dalle torce per arrivare al tuo alloggio, il sole di giorno che riflette sul mare scuro ma accogliente, i profumi dei fiori non coperti da quello dei gas di scarico delle macchine, solo capperi, carrubi, limoni e fiori profumati! se un giorno dovessi scegliere dove morire, ecco mi basterebbe sapere di essere arrivata a panarea! e morirei felice!”
Noi stiamo già pensando al prossimo contest…voi continuate a seguirci!