In che cosa consiste il processo di birrificazione?
Della birra e della sua importanza abbiamo scritto diverse volte nell’ambito del Gluten Free Fest di Peroni.
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Nella filiera produttiva della birra ogni step è importante, ma i lieviti e altri microorganismi sono i veri protagonisti, che con la loro attività rendono la birra un prodotto davvero speciale.
Il processo di maltazione è fondamentale perché da lì il cereale utilizzato per la birrificazione, generalmente orzo, ma possono essere utilizzati anche altri cereali, compresi cereali naturalmente senza glutine, diventa substrato adatto ad entrare nella filiera della birrificazione.
Nella filiera di birrificazione, tutte le fasi sono importanti per avere un prodotto finito che soddisfi il palato del consumatore, ma due passaggi sono cruciali: la bollitura e la fermentazione.
Nello step relativo alla bollitura (boiling) avviene anche la cosidetta amaricatura, dove il luppolo viene aggiunto alla birra e comincia a sviluppare le sue note aromatiche e l’amarotico tipico della birra. Il luppolo può essere aggiunto anche durante la fermentazione, step nel quale si aggiunge anche il Saccharomyces cerevisiae.
Ma il luppolo ha altre funzioni fondamentali. Ad esempio una attività antibiotica che aiuta a ridurre al minimo o a inertizzare le attività dei microorganismi che potrebbero inficiare il prodotto finale, la sua acidità favorisce la conservazione del prodotto finale ed è un ottimo filtro per le impurezze; infatti, a volte, può essere utilizzato uno strato di fiori di luppolo freschi all’interno di una vasca di centrifugazione (hop-back).
In questo step, soprattutto in relazione alla tipologia di birra che si vuole produrre possono essere aggiunti anche altri ceppi di lievito. Inoltre, è noto che nella lager coesistono due specie di Saccharomyces. S.cerevisiae e il S. carlsbergensis, scoperto nel 1883 dal micologo Hansen, che lavorava per la Carlsberg.
Proprio in relazione alla tipologia di birra che si vuole produrre, che sia una lambic piuttosto che una weissbiere tedesca, invece di utilizzare come unico fermentatore il genere Saccharomyces, si possono avere fermentazioni miste, con il contributo dei latto-bacilli e dei batteri acetici.
Sempre durante la fermentazione, per far sì che il prodotto finale abbia degli aromi particolari o abbia dei requisiti specifici, come ad esempio un minor contenuto alcolico, la biotecnologia alimentare ha studiato lieviti non appartenenti al genere Saccharomyces, i quali attualmente possono essere utilizzati nella birrificazione.
Di particolare interesse sono tutti quei lieviti che in una fermentazione mista sono in grado di esaltare le note floreali, quelle dolci e quelle del miele, oppure quelle relative alla mela e al fruttato in generale oppure alle note di anice. Questi organismi sono in grado di produrre dei composti chimici, generalmente esteri, che sono poi responsabili dell’aroma. Ma cosa ancor più interessante è che ci sono lieviti che possono diminuire il contenuto di etanolo nella birra, senza privarla di sapore anzi,esaltando le sudette note aromatiche; ne è un esempio Torulaspora delbruecki.
Di estremo interesse sono non solo le birre con un minor contenuto di etanolo, ma anche con meno calorie; purtroppo l’effetto collaterale è la perdita in aromi e sapori. Ma ecco che la biotecnologia alimentare è di aiuto per l’industria della birra, proprio grazie agli studi sulla fermentazione mista e sul bioflavoring in generale (l’utilizzo di lieviti diversi, come il Williopsis o il Dekkera).
Oltre ai lieviti, di ogni genere, e ai latto-bacilli e batteri acetici che nelle fermentazioni miste contribuiscono al prodotto finale, è importante non trascurare altri microorganismi.
La birra è un prodotto “vivo” e la birrificazione, in ogni suo step, coinvolge diversi microorganismi, non solo lieviti. Tra di essi potrebbero esservi dei patogeni, che potrebbero inficiare il prodotto finale. Quindi, diventa fondamentale capire il ruolo che questi microorganismi hanno ad ogni step della birrificazione, per massimizzarne gli effetti positivi (vedasi il caso dei latto – bacilli) e minimizzarne, con opportune misure, gli eventuali effetti negativi.
Per la minimizzazione degli effetti negativi l’ultimo step, ovvero l’imbottigliamento è cruciale. Prima dell’imbottigliamento, la birra, soprattutto quella proveniente da produzioni non artigianali, subisce il processo di pastorizzione a bassa temperatura. La pastorizzazione inertizza eventuali microorganismi patogeni presenti, uniforma i sentori e gli aromi della birra, ne facilita la conservazione e ne aumenta la shelf life. Dopo la pastorizzazione, segue una fase di filtrazione/chiarificazione (in inglese conditioning), nella quale il lievito o i lieviti non più attivi possono essere rimossi.
Lo step finale dell’imbottigliamento è donare alla birra la sua caratteristica frizzantezza, per aumentarne anche la shelf life, e valorizzare al meglio questo prodotto “vivo”, glutinoso o senza glutine che sia.
Ancora una volta i lieviti e i latto baccili dimostrano la loro importanza e la loro grande versatilità nel produrre attraverso la fermentazione prodotti come la birra, ma anche il pane, ad esempio.
Dopo tanto studio, non ci resta che gustarci un bel boccale di birra gluten free.
The Microbiology of Beer Christine L. Case, Ed.D. Biology Professor Skyline College
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