Perché la demonizzazione del glutine?
In un recentissimo podcast di Freakanomics si è parlato di glutine, di celiachia, di gluten sensitivity con diversi eminentissimi esperti: Prof. Alessio Fasano, professore di pediatria al Massachussets General Hospital for children, Alan Levinovitz, professore associato di religione alla James Madison University, Benjamin Lebwohl, direttore di ricerca clinica presso il Celiac Disease Center della Columbia University, Jennifer Bond, economista del dipartimento di agricoltura degli USA e Kadee Russ, professoressa di economia alla Università della California Davis.
I temi trattati nella discussione spaziavano da come è stata scoperta la celiachia all’incidenza della celiachia nelle diverse parti del mondo, alla gluten sensitivity, ai costi di una dieta senza glutine. e al come mai ci sono persone che adottano l’alimentazione senza glutine pur non avendo una diagnosi di celiachia, di gluten sensitivity o di allergia al frumento.
Il podcast completo potete seguirlo qui.
Attualmente la celiachia è l’unica malattia autoimmune della quale si conosca il meccanismo di innesco, che è appunto la gliadina presente nel glutine. Si stima che l’1% della popolazione sia affetto da celiachia, il cui unico trattamento è adottare una alimentazione senza glutine, ma molti celiaci non sono stati ancora diagnosticati. Però, ci sono sempre più persone che adottano l’alimentazione senza glutine pur non avendo una diagnosi di celiachia, di gluten sensitivity o di allergia al frumento e lo fanno per le motivazioni più varie. Tutte hanno in comune la demonizzazione del glutine.
Come è stata scoperta la celiachia? E’ stata scoperta negli anni ’30 da un pediatra olandese Willem Dicke, che cercava di capire come mai alcuni dei suoi piccoli pazienti fossero malnutriti e stessero male, pur non vivendo in condizioni disagiate. La svolta ebbe luogo negli anni ’40, durante l’occupazione nazista nei Paesi Bassi, precisamente nel periodo che viene definito come l’inverno della fame. In quel periodo Dicke osservò che i suoi pazienti malaticci erano migliorati. La cosa era stranissima dal momento che era in atto una carestia e che addirittura per la fame molte persone si nutrivano di radici e bulbi di fiori. Quando passò l’inverno della fame i piccoli pazienti di Dicke sopravissuti anche alla seconda guerra mondiale cominciarono a peggiorare di nuovo.
Cosa era cambiato? Prima, quando potevano mangiare stavano male, poi quando erano in carestia e quindi la loro dieta era cambiata stavano meglio e adesso, che anche il pane era fornito loro dagli americani, stavano di nuovo male. Il cambiamento era proprio l’assenza di pane dall’alimentazione durante l’inverno della fame. Per confermare la sua ipotesi, Dicke fece un rudimentale test con gluten free challenge. Sei dei suoi piccoli pazienti seguirono per alcune settimane una dieta senza glutine migliorando notevolmente; poi il glutine venne reintrodotto per lo stesso numero di settimane e ci fu un peggioramento ed infine i bambini riadottarono una alimentazione senza glutine migliorando notevolmente. Ecco come si capì che il glutine, poi si scoprì che era la gliadina contenuta nel glutine, era l’innesco di questo stato di debilitazione.
Da questi primissimi studi di Dicke furono fatte tante ricerche che hanno portato a migliorare la diagnostica e a comprendere la base genetica della celiachia. Tuttora le ricerche sono in atto, perché una diagnosi precoce può aiutare a migliorare lo stato di salute generale del celiaco e limitare i danni di una anemia, ad esempio, oppure di una eventuale infertilità.
Il prof. Fasano, eminente esperto di celiachia e di gluten sensitivity, racconta in questo pod cast di quando si trasferì dall’Italia agli USA. Nel 1988 il prof. Fasano arriva nell’Università del Maryland e osserva che se in Italia una persona su trecento era celiaca, negli Usa una persona su diecimila lo era. Eppure c’era qualcosa che non tornava.
Per capirne di più, andò dalla Croce Rossa e contrattando anche sul prezzo riuscì ad ottenere duemila campioni di sangue. La sua idea era quella di ricercare degli autoanticorpi specifici per il glutine che sono presenti nel sangue quando un celiaco mangia glutine. Alla fine delle sue analisi, una persona su duecentocinquanta era celiaca. Da lì sono poi partite le sue ricerche epidemiologiche e tutto il resto è storia.
Il prof. Lebwohl racconta invece dell’errata convinzione che la celiachia sia una malattia presente solo nelle persone di razza caucasica. In realtà la celiachia è presente anche in Asia e ne è un esempio eclatante l’India, dove però si osserva una discrepanza tra nord e sud. Ma se la base della celiachia è genetica, come possono esserci grandi differenze in una popolazione vasta, ma che condivide il patrimonio genetico? Può accadere perché oltre alla componente genetica, anche la componente ambientale ovvero l’esposizione al glutine attraverso la dieta fa una grandissima differenza.
E’ notevolmente sorprendente scoprire che la popolazione con la più alta incidenza di celiachia (6%) sia la popolazione berbera, popolazione nomade del Nord Africa (QUI altre info).
E’ altrettanto sorprendente lo studio effettuato in entrambe le zone della Karelia, la russa e la finlandese. Si è scoperto che l’incidenza della celiachia è di una persona su cento nella Karelia finlandese e di una persona su cinquecento nella Karelia russa. Una possibile spiegazione è che le persone più povere siano esposte ad alcuni batteri che in realtà li potrebbero proteggere dall’incidenza della celiachia.
Dalla celiachia il discorso si sposta poi sulla gluten sensitivity non celiaca o wheat sensitivity non celiaca. Lebwohl puntualizza che la discussione non verte più sull’esistenza o sulla non esistenza della glutensensitivity, perchè la gluten sensitivity non celiaca o wheat sensitivity non celiaca è reale, i pazienti che ne sono affetti sono reali e la sintomatologia presentata è reale. La discussione su questa patologia riguarda quali sono le sue origini e come diagnosticarla. Molto spesso i pazienti affetti da gluten sensitivity si rivolgono a esperti di celiachia che potrebbero però non essere in grado di riconoscere la patologia con una diagnosi rapida. Va ricordato che attualmente l’unica diagnosi possibile è quella per esclusione. Inoltre, come spesso è sottolineato dagli eminenti esperti della gluten sensitivity, essa potrebbe essere una patologia ombrello.
Quindi, quello che è necessario fare ora è progredire con le ricerche. Di alcune di esse ci sono già risultati di notevole interesse, come nel caso dei markers (può essere interessante leggere l’articolo pubblicato sul nostro sito riguardante questo argomento).
Accertato che la gliadina può avere effetti negativi anche nell’intestino dei gluten sensitive, accertato che la diagnosi per esclusione al momento è l’unica diagnosi, accertato che la gluten sensitivity o wheat sensitivity esiste, la strada della ricerca è ancora lunga.
Ciò che sorprende è che sempre più persone hanno idee errate sull’alimentazione senza glutine e la adottano perché sono convinti che faccia dimagrire, che sia più salutare oppure che un certo tipo di glutine proveniente da un certo tipo di agricoltura sia dannoso più di altri.
Non è così.
Il glutine fa male a chi soffre di celiachia o di gluten sensitivity o di allergia al frumento. L’unica cura è adottare una alimentazione senza glutine.
Certamente anche l’industria alimentare deve essere sempre alla pari e pronta alla ricerca per fornire prodotti con caratteristiche nutrizionali migliori.