Biologico è meglio?L’interrogativo si è fatto strada prepotentemente qualche giorno fa, dopo aver letto un articolo di Ross Pomeroy su Real Clear Science. La prima cosa che ho fatto è stata andare a cercarmi sia i links sia gli articoli citati, ovviamente trovandone altri, la seconda cosa che ho fatto è stata leggere il materiale e la terza è stata riflettere. Infatti, questo articolo sarà più un insieme di riflessione e soprattutto di domande che rivolgo al lettore e che spero aprano le danze per un dibattito costruttivo e anche acceso.
Perché mi ha colpito l’articolo di Pomeroy? Perché in sostanza diceva che l’idea del cibo biologico come “più sano” è un mito da sfatare, anzi un mito sfatato alla luce delle sue citazioni.
In primis va detto che la situazione descritta da Pomeroy è quella degli USA. Ora, ammettendo che gli USA rappresentino una grande fetta di mercato, di consumatori, di terra coltivabile dell’emisfero boreale, non sono tutto il mondo.
Deinde le pubblicazione scientifiche citate dall’autore non supportano poi così tanto le conclusioni dell’autore medesimo. Infatti, la prima di un team di ricercatori di Stanford conclude il suo studio dicendo che “la letteratura scientifica attuale non dimostra in maniera inequivocabile che gli alimenti biologici siano migliori a livello nutrizionale degli alimenti convenzionati; in ogni caso consumare alimenti biologici può ridurre l’esposizione a residui di pesticidi, erbicidi, etc, e anche l’esposizione a batteri resistenti agli antibiotici” L’altro studio, inglese, afferma che la composizione dei nutrienti all’interno dei cibi varia anche in relazione con i metodi di produzione, che includono anche l’uso di pesticidi, fertilizzanti, erbicidi, etc.. I potenziali benefici di metodi di produzione environmental friendly – quindi, ad esempio lotta integrata o agricoltura biologica – andavano però al di là degli scopi della ricerca, che era finalizzata a verificare se i prodotti biologici avessero un maggior contenuto di nutrienti rispetto agli alimenti convenzionali; tale verifica non è stata conclusiva, ma gli autori sottolineavano la necessità di un maggior rigore scientifico e di una più ampia analisi di vari fattori, compresi i metodi di produzione.
Si sa, a rimestar tutto nello stesso calderone, prima o poi si cucina qualcosa. Non è detto, però, che sia informazione…
Però, una cosa è parlare di nutrienti all’interno degli alimenti convenzionali e biologici, ben altra è considerare i metodi di produzione. O no?
Sul fatto che poi, sempre come supportato dalle citazioni nell’articolo di Pomeroy, negli USA gli agricoltori biologici utilizzino fertilizzanti, pesticidi e co. convenzionali, quale è la situazione nel resto del mondo?
O in Europa? O per lo meno in Italia?
In USA, analisi socio-economiche (Watnick V. J. 2014) concludono che il mercato del biologico ha subito una impennata galattica dai primi anni ’90, ma l’anomalia sta nel fatto che il consumatore compera biologico, anche se non può immediatamente verificare la qualità del prodotto finale; insomma, compra pensando che il label bio (organic) sia sinonimo di più sano e più compatibile per l’ambiente. Nuovamente si mescolano le cose…e anche la compatibilità ambientale entra nel calderone!
Sul discorso compatibilità ambientale e ambiente in genere, tanto, ma che dico tantissimo ci sarebbe da dire; vi invito però a riflettere ad esempio sul dilemma della quinoa, leggendo un articolo di Gunther di Papille Vagabonde.
In un mondo globalizzato a diversi livelli, con una popolazione in crescita e con cambiamenti climatici in atto a livello globale – pure loro – parlare di sostenibilità sociale, economica ed ambientale non può ridursi ad una rimestata nel calderone! Mai come in questo caso il cum grano salis che sottolineo ed evidenzio frequentemente sia necessario.
Quindi, come è la situazione in Europa? Ed in Italia?
Ad esempio, Rohr ed il suo team di collaboratori (N.d.A: è uno studio europeo) evidenziano la necessità di una maggiore informazione e diffusione della stessa da parte dei produttori riguardo la sicurezza del prodotto e la sua qualità, come parte fondamentale a livello etico e sociale della loro mission nei confronti dei consumatori. In sostanza: etichette dettagliatissime, informazioni cristalline e diffusione, diffusione, diffusione.
In uno studio, sempre europeo (Danimarca), più recente si sottolinea che la percezione del “è sano, fa bene alla mia salute” è entrata a far parte dell’immaginario collettivo, mentre i concetti di sicurezza della filiera produttiva e di funzionalità (N.d.A proprietà dell’alimento) lo sono meno, in alcuni casi molto meno. Ance altri studi europei sottolineano ciò.
Ma allora è l’etichetta o la sostanza?
Se dovessimo fare il gioco delle etichette, molto di quello che consideriamo “sano” lo scarteremmo. Non ne siete convinti?
Nel nostro libro sugli additivi c’è un esempio perfetto di quanto ho appena scritto… scaricare per credere.
Un altro studio europeo (Spagna) conclude che il termine “biologico” è evocativo. Immagine molto poetica, ma la sostanza? L’attribuzione di caratteristiche sane ad un qualsiasi alimento solo perché biologico, senza però ulteriori informazioni, è davvero quello che vogliamo?
Vogliamo davvero un consumo di esperienze e sensazioni, senza approfondire il discorso di qualità?
I prodotti biologici contengono meno nitrati (fertilizzanti) hanno meno residui di metalli e pesticidi, ma possono essere davvero diversi dai prodotti convenzionali? A livello scientifico una risposta prova a darla uno studio di un team di ricerca francese (2015), ma a livello di percezione del consumatore?
Diciamolo…le patatine fritte biologiche non è che sono più sane delle patatine fritte convenzionali. O sì?
Chiaro che un prodotto biologico ha un impatto sulla salute in termini di tutti quei fantastici composti chimici, che vengono riuniti nell’acronimo POPs, che non è affine al pop corn, ma che significa composti organici persistenti, ovvero che rimangano nell’ambiente per anni e anni…e anni e anni.
Non viviamo in un pristine environment, ovvero in un paradiso non impattato dall’uomo, ma in un ambiente dove l’impatto umano c’è stato e ha avuto inizio ben prima di quanto pensiamo – non a caso prima Stoermer e successivamente Cruetzen (Premio Nobel per la Chimica) hanno coniato ed utilizzato il termine Antropocene; in questo ambiente, che ha subito e subisce un impatto umano, tutti gli esseri viventi possono venire a contatto con questi composti chimici, ma certamente noi possiamo decidere di diminuire l’entità di questo impatto, in primis scegliendo ciò che mangiare.
Scegliendolo però cum grano salis.
Ma, allora, “biologico è meglio” è un mito da sfatare?
A mio parere non è un mito, però è chiaro che bisogna mettersi a tavolino e discutere in maniera sana ed informata, senza –ismi, senza pregiudizi, di sostenibilità sociale ed ambientale, di globalizzazione e di diversità, di clima e di uomini, di stagionalità, di territoire…e di molte altre cose, ma senza buttare tutto in unico calderone e senza mode, perché l’alimentazione e l’agricoltura non sono un prêt à porter.
Cominciamo la discussione?
Fonti bibliografiche e visive
Smith-Spangler C. et al., Annals of Internal Medicine, 157-2014.
Dangour A.D. et al., Am J Clin Nutr 90 – 2009.
Watnick V. J., UCLA Journal of Environmental Law and Policy 32(1) – 2014.
http://papillevagabonde.blogspot.it/2013/01/quinoa-mito-e-realta-di-un-super.html
Rohr A. et al., Food Control, 16-2005.
Chrysochou P. et al., Journal of Business Research 67 – 2014.
Neuman N. et al., Appetite 82-2014.
Gambelli D. et al., Food Policy 2014.
Vega-Zamora M. et al., Psychology and Marketing, 31(5) – 2014.
Rusinek-Prystupa E. et al., Probl Hig Epidemiol 95 – 2014.
Bigot C. et al., Food Control 48 (2015)
etravelmaine.com
lovedelivery.com
permanentculturenow.com
yourself.pianetadonna.it
per me biologico si, ma con cervello e senza demonizzazioni.
per me in medio stat virtus..sempre. Gran bel post Fabiana!
Il mio percorso verso un’alimentazione più consapevole è iniziato da alcuni anni.
Sono profondamente convinta che la nostra salute è strettamente collegata a quello che mangiamo e per stare meglio dobbiamo mangiare meglio.
Per me meglio significa:
prodotti il meno lavorati possibile, prodotti il più possibile del territorio.
Quindi spesa al mercato contadino, se non si riesce ad autoprodursi qualche verdura in casa e, se il contadino non è bio certificato, ma sai che rispetta la terra e i suoi prodotti, forse è meglio che il bio del supermercato, che magari ha percorso km e km in mezzo al piombo, che è stato in frigorifero per qualche giorno, e che è stato messo sotto plastica…
Insomma, per forza di cose non potrà essere uguale a quando è stato apnea colto…
Potrei andare avanti per ore, ma direi che mi fermo qui!
Spero che la riflessioni però continui!!!!