Prosegue la rubrica dedicata alle interviste, oggi ci spostiamo nel Paesi Bassi, più precisamente a Eindhoven per conoscere meglio Arianna Luciani, celiaca, mamma e blogger che si è trasferita con la famiglia in questo paese a Gennaio 2012. Con questa intervista cercheremo di capire meglio cosa vuol dire essere celiaci e vivere nei Paesi Bassi ma sarà anche un’occasione per scoprire cosa vuol dire trasferirsi in un altro paese.
Eindhoven è situata nella provincia del Noord-Brabant nel sud dei Paesi Bassi, è la quinta città più grande di questa nazione, è una città moderna e dalla vivace vita notturna, è il fulcro della tecnologia e ricerca tecnologica.
Quando hai preso la decisione di trasferirti nei Paesi Bassi, hai avuto qualche timore per il fatto di esser celiaca?
Il primo pensiero è stato: cosa mangerò? Poi, però, mi sono ricordata delle tante volte in cui mi sono trovata in una situazione del genere (in viaggio, o in ogni situazione fuori casa) e sono sempre sopravvissuta! Quindi ho pensato che avrei comunque potuto mangiare i classici prodotti naturalmente senza glutine (carne, pesce, formaggi, frutta, verdura, legumi, patate…) e che il resto sarebbe venuto da sé. Ho ovviamente fatto delle ricerche online prima di partire, e ho scoperto che anche nei Paesi Bassi esiste una “coscienza celiaca” (sic!).
Com’è stato l’inizio della tua avventura nei Paesi Bassi? Sei partita con una valigia piena di prodotti senza glutine dall’Italia, hai avuto difficoltà all’inizio a reperirli nei Paesi Bassi oppure ti sei subito trovata a tuo agio?
Collegato a quanto detto prima, ho fatto delle ricerche online, e ho trovato il sito (in olandese) dell’associazione che si occupa di celiachia (www.glutenvrij.nl) e, con tanta pazienza, mi sono fatta un quadro della situazione. Ovviamente, prima di partire, ho riempito degli scatoloni di prodotti, perché “is better to be safe than sorry”. Poi, il caso ha voluto che la nostra prima residenza fosse proprio vicina a un supermercato della nota catena Albert Heijn, che mette sui propri prodotti il marchio spiga sbarrata. Lì ho anche trovato una piccola sezione dedicata ai prodotti senza glutine (in maggioranza della Schar).
Adesso, dopo un anno abbondante di permanenza, come giudichi l’esser celiaci nei Paesi Bassi? Ritieni che vi sia una buona scelta di negozi e prodotti senza glutine, che suggerimenti daresti a un viaggiatore celiaco?
Come al solito, l’atteggiamento giusto del celiaco in viaggio è la capacità di adattarsi (sempre in sicurezza) e di portar dietro qualche prodotto. Qui a Eindhoven esistono molti ristoranti che hanno un menù senza glutine (il più delle volte servono prodotti naturalmente senza glutine preparati evitando contaminazioni), ma mi è capitato di trovare il pane, i grissini, e anche i pancakes! Internet è una risorsa incredibile, quindi il consiglio è di cercare tra i forum di viaggiatori, i giornali online, i blog, e da lì esplorare ristoranti e supermercati. Posso candidamente confessare che se sono all’estero e non riesco a trovare nulla, mi infilo in un McDonald’s per l’insalata e le patatine!
Esiste anche nei Paesi Bassi un sistema per cui lo stato ti da un bonus mensile per l’acquisto dei prodotti senza glutine?
Non esattamente. Qui non esistono i buoni per acquistare prodotti, ma un rimborso fiscale a fine anno, una deduzione forfettaria relativa a quanto si può spendere annualmente per il cibo senza glutine. Questo rimborso è inferiore a quello che si riceve in Italia – e quando leggo di persone che si lamentano in continuazione mi viene una certa rabbia – ma il lato positivo è che nei Paesi Bassi i prodotti senza glutine costano un po’ meno. Io compro una farina senza glutine della Finax, per fare un esempio, che costa 3,90 euro al kg, o degli spaghetti di mais tedeschi per 2,58 al kg. Inoltre ho la fortuna di avere amici americani che mi portano i prodotti a prezzi decisamente competitivi. Anche se negli USA la celiachia è molto più una moda, nei supermercati si trovano una varietà di prodotti decisamente maggiore che nei Paesi Bassi o in Italia.
Quando hai ospiti a cena, magari anche stranieri, come organizzi il menù? Ètutto gluten free oppure cucini pietanze sia con sia senza glutine?
In casa quasi tutto è gluten free (eccetto il pane e la pasta per mio marito!), e quindi agli ospiti viene servito cibo adatto ai celiaci! Nessuno si è mai lamentato, anzi devo dire di aver trovato sempre molta disponibilità e apertura da parte degli amici. Quando io e Leonardo andiamo a giocare con un gruppo di bambini internazionali che frequentiamo, c’è sempre qualcosa senza glutine.
Il mangiare fuori casa può costituire un problema per un celiaco o, almeno, una limitazione perché spesso i locali informati sulla celiachia non sono molti, specialmente nelle piccole città (mi riferisco soprattutto all’Italia). Nei Paesi Bassi com’è invece la situazione dal tuo punto di vista?
Devo dire di aver trovato molti posti “inaspettati” che servivano cibo senza glutine in piccoli centri che non nelle grandi città. Ma è una casualità! Nella piccola cittadina di Volendam, vicino ad Amsterdam, quando ho spiegato alla cameriera il problema, lei si è presentata con un secondo menù e del pane senza glutine. In generale, qui esistono locali informati (ecco una breve lista http://www.eet.nu/eindhoven/glutenvrij) e non ho mai avuto grandi problemi. Quello che mi preoccupa sempre è la contaminazione crociata. Per questo cerco sempre di ordinare cibo “semplice” e di evitare sempre dolci o pietanze più elaborate.
La celiachia secondo Arianna Luciani: è uno stile di vita e un’occasione in più per prestare attenzione alla propria alimentazione oppure una malattia a tutti gli effetti?
Domanda difficile: so che molti celiaci non amano usare il termine “malattia”, e che tanti altri non ritengono di essere malati. Capisco lo stato d’animo, non è bello dire di essere malati, ma quando capita qualcuno che pensa “ma cosa vuoi che ti faccia un cucchiaino di farina”, allora è meglio essere drammatici e dire le cose come stanno. Spiegare di avere un’intolleranza può portare le persone a sottovalutare il problema. Quindi, per me la celiachia è uno stile di vita, un modo per cucinare e mangiare in maniera più sana (io faccio tutto, dalle marmellate alle torte, dalla pizza al pane, dai biscotti alle lasagne), ma anche un problema da non sottovalutare. Mai.
So che hai un bel bambino e che, recentemente, è stato diagnosticato anche lui celiaco. Come hai affrontato la sua diagnosi? Il percorso diagnostico di Leonardo è stato eseguito nei Paesi Bassi o ti sei affidata a qualche centro in Italia e perchè?
Il percorso di Leonardo è stato decisamente diverso dal mio, e siamo ancora in cerca di risposte. Abbiamo sempre notato che il bambino soffriva di mal di pancia molto forti (una volta, dopo un mese che eravamo qui, l’abbiamo dovuto portare di corsa in ospedale alle 2 del mattino perché continuava a piangere per il dolore). Quando aveva un anno e mezzo, ed eravamo a Mantova, ha fatto il test del sangue per la celiachia, ma il risultato è stato negativo. Poi la situazione è cambiata: Leonardo cresceva regolarmente, ma la sua pancia era sempre gonfia, lui era pallido e con le occhiaie molto marcate, poi c’erano i mal di pancia e, come ciliegina, dei capricci portati al limite. A maggio di quest’anno ho letto sul Corriere della Sera di un nuovo test per “scoprire” la celiachia, in collaborazione con il Gaslini di Genova, l’università’ di Genova e quella di Verona (http://www.corriere.it/salute/pediatria/13_maggio_15/celiachia-diagnosi-precoce_8737257c-bd4e-11e2-a017-98f938f31864.shtml). In pratica, il test permette di determinare nei soggetti geneticamente predisposti (con un familiare celiaco) se la celiachia si manifesterà. Visto che io sono sempre risultata negativa a tutte le analisi del sangue (e ne ho fatte molte), ho pensato che questa poteva essere una soluzione. Ho fatto alcune telefonate e ho parlato con il professor Puccetti, titolare di quello studio, e quando siamo stati in Italia per le vacanze, abbiamo inviato una provetta di sangue di Leonardo. Il risultato è stato positivo. Ora, questo non vuol dire che il bambino sia celiaco ora, ma ovviamente ci ha permesso di avere più chiarezza. A Roma l’ho fatto visitare da una professoressa del team della Bonamico, secondo la quale Leonardo potrebbe essere celiaco già da ora. A quel punto abbiamo eliminato il glutine dalla sua dieta (e vista la sua età, 3 anni e mezzo, il passaggio non è stato traumatico) e abbiamo cominciato a notare dei grossi miglioramenti, nella salute e nell’umore. Tra 6 mesi faremo altri test, per ora va bene così. Tutto il percorso diagnostico si è svolto in Italia; i Paesi Bassi sono molto indietro in questo campo rispetto a noi. Quando ho portato Leonardo dal medico di base per cercare di capire come mai stesse così male, e ho chiesto se potesse essere celiaco, la risposta è stata molto laconica: “Se il bambino cresce, non ha la celiachia”. Molto indietro rispetto all’Italia (ci sono cose di cui dovremmo essere fieri, e questa è una di quelle!), dove il suo caso è stato preso molto sul serio. Devo dire che, una volta diagnosticati, si è sottoposti a controlli annuali molto seri e approfonditi. Ma arrivare alla diagnosi sembra più difficile, soprattutto per casi diversi dalla letteratura medica.
Per concludere, al di la del discorso celiachia, che suggerimenti daresti a chi volesse intraprendere un passo importante come il vostro? Ossia lasciare il proprio paese, il lavoro attuale, gli affetti e traslocare in un altro Stato?
Un suggerimento per un passo così importante potrebbe essere avere le idee chiare su quanto sia duro dover contare solo su se stessi, dover imparare tutto di nuovo (dove fare la spesa, le scuole, il dottore, dove andare a vivere…). Oltre a questo, lo scoglio può essere rappresentato anche dalla lingua – io non ho problemi con l’inglese, ma le uniche parole che conoscevo in olandese erano apartheid, van Gogh e van Basten, un po’ poco per vivere –. Le differenze culturali, poi, non devono essere sottovalutate: per esempio, andando dal medico in Italia siamo abituati a vederci assegnare tante medicine. Qui, al massimo, ti danno il paracetamolo. Bisogna trovare amici su cui contare, bisogna ricostruirsi tutto. Però poi i risultati positivi arrivano; io ho trovato delle amiche vere (una in particolare, Luisa, che ho conosciuto grazie al blog), stiamo per comprare casa, ci troviamo bene, stiamo imparando tutti la lingua (per Leonardo è più facile, mentre io e mio marito andiamo a lezione). Sicuramente una cosa da fare è informarsi, leggere, cercare. In questo modo si possono evitare brutte sorprese. Poi, il resto è legato a tanti fattori. Ma ci vuole coraggio!
Grazie Arianna del tempo che ci hai dedicato, è stato un vero piacere conoscerti e scoprire come vive una Mamma Espatriata a Eindhoven, ricordo l’indirizzo del tuo blog ai nostri lettori http://expatmomineindhoven.blogspot.it in modo che tutti possano venire a farti visita. Spero di poterti incontrare e salutare di persona in uno dei miei prossimi giringiro nei Paesi Bassi.
Doei!
Ciao Arianna! Volevo chiederti qualche informazione riguardo alla detrazione fiscale per quanto riguarda l’acquisto di prodotti senza glutine in Olanda.
Grazie in anticipo.
Andrea
Sono ad Amsterdam da alcuni giorni e con mia enorme sorpresa constato una pressoché inesistente preparazione sul tema da parte di tutti i bar /ristoranti; sono stata anche in un supermercato Albert Heijn dove nessuno commessa aveva idea di cosa fosse del cibo (pane) gf .. alla fine mi hanno indirizzata al piccolo scaffale con le gallette di riso dicendomi “ecco il
Glutee free”. È la mia prima volta in Olanda. Credevo fossero normalmente organizzati sul tema come ormai in molte altre capitali europee