Lunedì scorso abbiamo introdotto il tema del mese: la “dieta”.
Sono sicura che questa parola a qualcuno evocherà sgradevoli sensazioni e ad altri, invece, trasmetterà un senso di sicurezza, perché è solo seguendo una precisa dieta che riescono stare bene.
Ma la dieta non è soltanto uno stile alimentare personale, le diete sono anche quelle che caratterizzano l’alimentazione di una popolazione, creano un’identità e un legame intimo col territorio nel quale si vive.
Sfortunatamente per la maggior parte della popolazione che vive nei paesi industrializzati questo legame si è un po’ perso e quindi spesso ci si trova a mangiare le stesse cose anche se si vive in luoghi lontani.
Qualche volta però capita ancora di stupirsi durante un viaggio quando al banco della frutta e della verdura si trovano prodotti che fino a quel momento non si conoscevano affatto: qualche volta la territorialità la si trova anche al supermercato!
Così è successo a me quando sono stata a Cuba, ma anche in Spagna o in Grecia: c’era sempre qualcosa che non avevo mai visto e assaggiato prima!
E la stessa cosa è avvenuta quando Ancel Keys, un medico americano, giunse in Italia con gli alleati: trovò uno stile alimentare, una dieta, completamente diversa da quella del suo Paese. A Napoli si mangiava pasta variamente condita, insalate con una spruzzata di olio di oliva, tutti i tipi di verdura di stagione…
Osservando e studiando le abitudini alimentari degli italiani e delle popolazioni del bacino del Mediterraneo notò che la percentuale di mortalità legata a problemi cardiovascolari era inferiore rispetto alle altre popolazioni che consumavano maggiormente prodotti contenenti grassi saturi: carne rossa, strutto, burro, latte….
E così coniò il termine dieta mediterranea. Una dieta che sintetizza uomo e territorio nel quale vive e che fa stare bene.
La dieta a cui accenneremo oggi è proprio quella a noi più cara, e a questo punto l’avrete ben capito!
Nonostante sia stata dichiarata patrimonio dell’UNESCO nel 2010, c’è ancora un po’ di confusione riguardo la sua definizione che, evidentemente, non si riduce solo a pasta al pomodoro, pane, mozzarella e basilico (tant’è che il pomodoro non ha neppure origini mediterranee!).
La dieta mediterranea arriva da una tradizione alimentare prevalentemente vegetale, dove il cibo di origine animale rappresenta solo una piccola parte: pesce per le popolazioni più vicine al mare, carne e formaggio per le popolazioni che vivono in clima più rigido, e comunque non per un consumo quotidiano.
Cereali per lo più integrali, legumi, verdura e frutta di stagione sono alla sua base. E come principale fonte di grassi privilegia quasi esclusivamente l’olio di oliva che aiuta a ridurre il cosiddetto colesterolo cattivo mantenendo in salute le nostre arterie! Un bene preziosissimo per noi, che lo diamo per scontato, ma che in realtà è un privilegio!
Questa dieta dovrebbe quindi garantire un maggior benessere proprio perché la combinazione di questi alimenti, più di ogni altra dieta, garantisce un giusto apporto di carboidrati complessi, proteine, vitamine e sali minerali, e acidi grassi monoinsaturi.
Ma per noi celiaci come la mettiamo? Frumento, farro e orzo, cereali predominanti nell’area mediterranea, contengono glutine. Quindi per noi la dieta mediterranea è impraticabile?
Niente affatto. Possiamo tranquillamente sostituire i cereali glutinosi con altrettanti cereali e pseudo-cereali sglutinati.
Anzi, se dovessimo contarli ci sono più cereali senza glutine che con glutine.
Non ci credete?
Il miglio, per esempio, era uno dei cereali più diffusi della pianura padana. La polenta un tempo era fatta col miglio. Poi si è visto che il mais rendeva di più e quindi un po’ alla volta l’ha sostituito.
Un peccato, visto che una delle proprietà del miglio è quella di asciugare, di togliere l’umidità e la pianura padana non ha un clima propriamente secco!
Poi c’è il riso. Certamente le sue origini non sono mediterranee, ma si è adattato benissimo al clima di alcune nostre zone e ben presto è diventato uno dei cereali più consumati anche da noi.
Per poter sfruttare tutte le sue caratteristiche è preferibile consumarlo nella sua forma integrale.
E anche il grano saraceno compare in molte ricette tipiche. Non è corretto chiamarlo cereale perché non lo è, ma le sue caratteristiche sono talmente simili che viene considerato tale.
Se pur i cereali integrali sono, assieme ai legumi, gli alimenti più equilibrati da un punto di vista “energetico”, il grano saraceno sarebbe meglio consumarlo prevalentemente in inverno, perché ha un potere riscaldante: le sue origini provengono dalla Siberia!
Al contrario il mais, originario dell’America Latina, tende a raffreddare leggermente, quindi, nonostante si associ all’inverno per via della polenta (che ricordiamo in passato era fatta con altri cereali), nella stagione fredda sarebbe meglio non abusarne.
Per noi celiaci non è semplice, visto che la maggior parte dei prodotti senza glutine contengono mais, ma vista che la scelta è ampia, suggerisco di alternarlo spesso.
E poi non dimentichiamoci di quinoa e amaranto, ricchi di proteine e sali minerali, molto energetici, che aiutano anche a mantenerci in linea.
E se tutti questi cereali non ci dovessero ancora bastare, volendo, potremmo anche assaggiare teff e fonio, che arrivano dall’Africa, e che possiamo reperire certificati gluten free, ricchissimi di ferro e calcio.
È evidente quindi che, se alla base della dieta mediterranea troviamo i cereali, non mancheranno neppure in un’alimentazione gluten free!
Ma non dimentichiamoci che la dieta mediterranea è basata anche sui legumi che spesso invece sono un po’ bistrattati.
Forse perché le proteine che contengono non sono chiamate “nobili” e quindi vengono ritenute di qualità inferiore a quelle della carne?
Ma la natura non fa di certo le cose a metà, e infatti, se li abbiniamo ai cereali integrali assumiamo comunque tutti gli aminoacidi essenziali che il nostro organismo non è in grado di sintetizzare da solo.
E se pensate che vi possano dare fastidio è solo perché probabilmente il vostro intestino non è più abituato, o non è stato mai educato, a elaborarli! Basterà semplicemente riabituarlo pian pianino partendo dai legumi più digeribili, proprio come fareste con un bambino: iniziate scegliendo lenticchie rosse decorticate, poi i fagioli rossi azuki, i piselli spezzati, la roveja, le cicerchie, i ceci e in fine i fagioli cannellini, quelli neri, e i borlotti, forse i più “ostici”.
E poi largo uso di verdura, purché di stagione e possibilmente che cresce vicino alla zona in cui vivete.
Certamente la verdura (così come la frutta) è ricca di sali minerali e vitamine, ma per rispettare la dieta mediterranea non è sufficiente mettere nel piatto una verdura qualsiasi, magari dei bei pomodori o delle zucchine che si trovano ormai tutto l’anno.
Se i cereali hanno un’energia abbastanza equilibrata, questo non è valido per frutta e verdura: la zona e la stagione in cui crescono, e maturano, è importante tanto quanto i nutrienti che contengono.
La scienza ci dice che questa e quest’altra vitamina o sostanza contenuta in questa o quell’altra verdura fanno bene a qualcosa, e sicuramente è così, ma la natura ci fa capire cosa è meglio consumare per noi rendendocelo disponibile quando matura: i pomodori di serra, cresciuti in inverno senza il sole, con luci e clima artificiali magari contengono le stesse vitamine e le stesse sostanze che preservano la nostra salute, e magari sono pure biologici, ma sicuramente non ci mettono in equilibrio con l’ambiente esterno nel quale stiamo vivendo, perché i pomodori tendono a rinfrescarci: non a caso crescono d’estate. Ignorare questo, alla lunga, potrebbe danneggiarci, anziché giovarci.
Ecco perché ogni volta che vedo una piramide che rappresenta la dieta mediterranea mi stranisco.
C’è sempre un ananas o un caso di banane a rappresentare la frutta. Ma nessuna delle due ha origine nel bacino del Mediterraneo quindi per noi che viviamo dall’altra parte del mondo sono un po’ squilibrate, nonostante le loro proprietà…
E carne, pesce, uova e latticini che posto occupano nella dieta mediterranea?
Sempre in riferimento alla piramide si trovano in cima. Questo significa che il loro consumo dovrebbe essere saltuario.
Un consiglio: fate attenzione a non mischiarli.
Le proteine di origine animale tendono ad acidificare l’organismo e il cibo animale inoltre è più ricco di grassi rispetto a quello vegetale. Quindi sommare proteine di fonti diverse appesantisce inutilmente il pasto e di conseguenza l’organismo. Lo predispongo all’acidità e lo appesantisco, condizioni entrambe che potrebbero portare a dei fastidi.
Il cibo animale dà energia, ed è molto riscaldante, pertanto un consumo quotidiano è comprensibile per chi vive in montagna al freddo e che magari lavora all’aria aperta, ma non è propriamente indicato a chi fa una vita sedentaria…
La dieta mediterranea seguita rispettando la stagionalità e la territorialità certamente ottimizza il regime alimentare di tutte le popolazioni che vivono nel bacino mediterraneo e con clima simile.
Regola la glicemia, il colesterolo, i trigliceridi e garantisce tutti i nutrienti di cui abbiamo bisogno.
Per noi italiani, e per i nostri vicini di casa, è sicuramente un patrimonio da gustare e da valorizzare, che può garantirci delle condizioni di salute auspicabili.
Certamente però la dieta mediterrane per un esquimese risulterebbe un po’ squilibrata!
Quando quindi si parla di dieta e si vuole verificare il possibile impatto sulla salute è sempre bene prendere in esame tutti gli aspetti del contesto senza focalizzarsi esclusivamente sulle molecole o sulle calorie, perché potrebbe essere un po’ fuorviante, mi raccomando tenetelo sempre in considerazione!
Bibliografia:
L. Saturni, G. Ferretti, Celiachia e dieta mediterranea senza glutine, Il Pensiero Scientifico Editore, Roma 2011
M. Kushi, Il nuovo libro della macrobiotica, edizioni mediterranee, Roma 1989
M. Halsey, Nutrizione pret a manger, Edizioni La Sala Gola, Milano 2009
T. C. Campbell, The China Study, Macro Edizioni, Cesena 2011
foto di Simonetta Nepi
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