Il diabete mellito è causato da un difetto nella secrezione o da un malfunzionamento dell’ormone pancreatico, l’insulina. Ciò provoca delle alterazioni del metabolismo, anche piuttosto profonde. L’insulina è secreta dalle isole di Langerhans, il suo nome significa infatti sostanza delle isole. In particolare, l’insulina è secreta dalle cellule B o β delle isole, attraverso un processo complesso che richiede la presenza di ioni calcio. La velocità di secrezione nel circolo sanguigno è determinata dalla concentrazione ematica (N.d.A: nel sangue) del glucosio, lo zucchero semplice che è presente nella maggior parte dei carboidrati. Quindi, ad un aumento della concentrazione ematica del glucosio corrisponde un aumento della velocità di secrezione dell’insulina, che influenza poi l’entrata del glucosio dal sangue al fegato e nei muscoli. Nel fegato e nei muscoli il glucosio è trasformato in glicogeno. Quando la concentrazione di glucosio nel sangue torna a livelli normali, la secrezione dell’insulina rallenta fino a raggiungere la velocità normale; quindi il sistema è a feedback.
In realtà, il diabete mellito è un gruppo di malattie nelle quali la regolazione dovuta all’ormone insulina è difettosa per vari motivi. È una malattia piuttosto diffusa e in alcuni paesi risulta essere tra le prime cinque cause di morte (ad es. USA).
Una prima distinzione va fatta tra diabete mellito e diabete insipido. Il secondo è caratterizzato dal fatto che le urine sono molto abbondanti e dalla scarsa capacità del rene di concentrarle. Il diabete insipido può essere:
a) Idiopatico (1/3 dei casi)
b) Secondario (2/3 dei casi)
c) Nefrogenico (raro)
Il diabete gestazionale è in relazione allo stato di gravidanza.
Il diabete mellito può essere:
a) di tipo I, insulino-dipendente e patogenesi autoimmune, detto anche diabete giovanile
b) di tipo II, non insulino–dipendente, familiare non autoimmune, detto anche diabete dell’adulto.
Poiché la celiachia è una malattia autoimmune, il diabete di tipo I è l’argomento principe.
L’associazione tra diabete di tipo I e celiachia è stata riconosciuta dagli esperti sin dagli anni ’70. La prevalenza della celiachia tra i pazienti con diabete di tipo I è di circa il 5%, in Europa questa percentuale raggiunge il 12.3%. A livello globale, la prevalenza della celiachia è stimata essere 0.6% ed è anche dipendente dalle aree geografiche, sebbene possa esservi anche una influenza dovuta alla globalizzazione dell’alimentazione e degli stili alimentari.
Una persona può essere predisposta per il diabete di tipo I o la celiachia o entrambi, per la presenza di alcuni geni HLA e non HLA, che sono coinvolti nell’insorgenza di queste malattie. Si parla di predisposizione; per far sì che la malattia sia conclamata ci deve essere un trigger, un fattore scatenante, che potrebbe essere un virus ma anche l’esposizione al glutine e la permeabilità intestinale sono fattori fondamentali per l’incidenza e lo sviluppo della celiachia e del diabete di tipo I. Nonostante le conoscenze relative alla prevalenza di celiachia in pazienti con diabete di tipo I, molto è ancora da chiarire sulla diagnosi e sulle caratteristiche cliniche dei pazienti affetti da entrambe le malattie.
Le linee guida attuali relative all’età pediatrica prevedono lo screening degli TTGA (autoanticorpi antitransglutaminasi) immediatamente dopo la diagnosi di diabete di tipo I e tale analisi va successivamente ripetuta a distanza di due anni (follow-up). Però, nell’adulto lo screening è un dibattito ancora in corso. Poiché l’incidenza di diabete di tipo I e di celiachia è in aumento (anche per i grandi miglioramenti diagnostici), è necessario che ci siano dei metodi standardizzati per la diagnosi e per lo screening. Attualmente, poco si conosce riguardo la distribuzione e della coesistenza delle due patologie nelle diverse fasce di età. Questa informazione potrebbe aiutare nella diagnosi di pazienti diabetici con sospetta celiachia.
In uno studio molto complesso e recente fatto Bakker et al., è stato evidenziato che nel gruppo di pazienti con diabete di tipo I da loro esaminati, una larga parte aveva lamentato disturbi relativi alla celiachia per almeno cinque anni prima che essa venisse diagnosticata. Sottolineo cinque anni.
In questo studio è anche stato evidenziato che l’8,5 % dei pazienti con entrambe le malattie è stato diagnosticato celiaco prima dell’insorgenza del diabete di tipo I. Inoltre, sembra che le donne siano più predisposte a sviluppare entrambe le malattie. Una delle importanti conclusioni di questo studio è che, considerati i vari controlli medici dei pazienti diabetici, i medici devono essere maggiormente informati sulla sintomatologia e sulla concomitante insorgenza delle due malattie. Il suggerimento, considerato l’alto numero di pazienti asintomatici per la celiachia, è di ripetere controlli per la celiachia negli adulti anche dopo 5-10 anni dall’insorgenza del diabete.
È stata anche sottolineata l’importanza di aderire strettamente alla dieta priva di glutine da parte del paziente con diabete di tipo I, soprattutto nell’età pediatrica. Inoltre, i cambiamenti dovuti all’aderenza ad una dieta aglutinata potrebbero avere degli effetti protettivi per i reni (escrezione delle albumine) e quindi potrebbero rappresentare una prevenzione per l’insorgenza di complicazioni diabetiche (Gopee et al., 2013).
Nonostante le cure, i pazienti affetti da diabete I hanno un tasso di mortalità più alto. Sembra che ci sia correlazione tra l’insorgenza di problemi vascolari, tumori e diabete di tipo I. In uno studio, con screening ultratrentennale, è stato messo in evidenza che i pazienti celiaci e con diabete di tipo I hanno un rischio più elevato di mortalità (Mollazzadegan et al.).
Uno dei test richiesti per la diagnosi della celiachia nelle linee guida è il dosaggio delle IgA (immunoglobuline A), ma nei pazienti diabetici è stata osservata una più elevata deficienza di IgA. In alcuni casi, pazienti diabetici con deficienza di IgA non presentavano atrofia dei villi (controllo con gastroscopia), la diagnosi di celiachia è stata raggiunta dopo diversi screening analitici, compresi quelli genetici, e considerando la risposta positiva ad una dieta priva di glutine (Kurien et al, 2013). È un iter diagnostico che si rivela costoso in termini economici e in relazione alla salute fisica e mentale del paziente (N.d.A come ben sa chi soffre di gluten sensitivity)
A tal proposito, uno studio finlandese sottolinea che nel 2012 sono stati proposti nuovi criteri diagnostici dalla Società Europea per la Gastroenterologia Pediatrica, l’Epatologia e la Nutrizione(ESPGHAN)*, poiché, in relazione ad alcune condizioni, la diagnosi può essere effettuata senza la gastroscopia e la biopsia. Però, i pazienti asintomatici restano un interrogativo pregnante e da studiare approfonditamente.
Uno studio svedese ha evidenziato che l’incidenza del diabete di tipo I, soprattutto in pazienti in età pediatrica, è da porre in relazione con dei cambiamenti dietetici, dovuti anche alla globalizzazione dell’alimentazione. Venire a contatto, in età precoce, con alimenti non tipici della propria area geografica potrebbe influenzare il bioma intestinale e potrebbe essere un trigger importante per l’insorgenza del diabete di tipo I. Ovviamente, i meccanismi per i quali questi cambiamenti dietetici influenzino la genetica è tutta da studiare, però questo studio rappresenta un gradino importante, perché evidenzia che la diversità nella dieta, in relazione alla stagionalità e all’area geografica, ha una ragion d’essere, spesso trascurata.
A proposito della dieta è bene ricordare che indice glicemico, carico glicemico, indice insulinico e carico insulinico sono stati estesamente trattati qui .
*N.d.A. saranno approfonditi in seguito
Fonti bibliografiche e visive
it.wikipedia.org
en.wikipedia.org
Lehninger, Biochimica, Zanichelli
Blog di Gunther, intervistato da GFTL (link): http://papillevagabonde.blogspot.it/2013/10/che-relazione-ce-tra-diabete-mellito-e.html
Sjoerd F. Bakker et al, European Journal of Internal Medicine 24 (2013) 456–460
Gopee et al., Pediatric Diabetes 2013: 14: 455–458
Mollazadegan et al., The Journal of Internal Medicine 2013;274: 273–280.
Kurien et al, Diabetic medicine 2013 30, 840–845
Scaramuzza et al, World J Diabetes 2013 August 15; 4(4)
Popp A. et al., Acta Pædiatrica 2013 102, pp. e102–e106
www.lchdhealthcare.org
www.articlesofhealthcare.com
da3.diabetesatlas.org
www.saludtoday.com
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