Ultimamente sono usciti degli studi scientifici, ripresi anche dagli organi ufficiali dell’Associazione Italiana Celiachia, che fanno il punto su alcuni aspetti epidemiologici della celiachia.
Si conferma che la celiachia è una delle patologie croniche più diffuse fra le popolazioni di origine Europea, fra le quali colpisce circa 1% della popolazione (in media). È molto comune anche nel nord Africa, in Medio Oriente e in India, mentre ha una bassissima incidenza fra le popolazioni dell’Africa Sub-Sahariana e in Oriente. Fra alcune popolazioni ha al contrario un’incidenza particolarmente alta, il massimo di incidenza di malattia celiaca si riscontra fra i Saharawi: 5,6%.
Le diagnosi di celiachia sono in aumento anche in zone tradizionalmente poco colpite, ma nelle quali si è verificato un cambiamento di abitudini alimentari, con un aumento dell’assunzione di cibi contenenti glutine.
Complessivamente negli ultimi anni si è assistito a un aumento delle diagnosi di celiachia, che non è interamente imputabile al miglioramento delle tecniche diagnostiche (soprattutto i test sierologici, attualmente il primo step del protocollo diagnostico licenziato da ESPGHAN) e alla maggiore diffusione delle informazioni su questa patologia fra i medici di base.
Gli stili di vita e i fattori ambientali contribuiscono in modo determinante alla diffusione della celiachia, in particolar modo il cambiamento delle abitudini alimentari e il conseguente incremento del consumo di glutine.
Non sembrano invece avere un effetto protettivo né l’allattamento al seno, anche prolungato, né il tardivo inserimento nel glutine nella dieta dei bambini: la malattia sembra avere la stessa incidenza fra bambini allattati al seno e non, e fra bambini nella cui dieta il glutine sia stato inserito intorno al sesto mese di vita e bambini nella cui dieta sia stato inserito molto più tardi. Questo non mette minimamente in discussione i grandissimi vantaggi sulla salute e sulle aspettative di vita dei bambini allattati al seno per molti mesi, scelta che rimane comunque da privilegiare, a prescindere dalla celiachia.
I dati mostrano una forte correlazione fra l’incidenza della celiachia, dieta ricca di glutine e frequenza degli alleli HLA-DQ2 e DQ8. Si tratta del paradosso evoluzionistico della malattia celiaca: se gli alleli HLA-DQ2 e DQ8 predispongono alla celiachia, patologia che, se non trattata, dà luogo a condizioni di salute peggiori, infertilità, riduzione dell’aspettativa di vita, nelle regioni in cui la dieta è ricca di glutine dovrebbero, l’evoluzione avrebbe dovuto ridurre, sul lungo periodo, la frequenza di questi antigeni, mentre accade proprio il contrario: dove si mangia molto glutine, sembra che la frequenza dei due marcatori HLA-DQ2 e DQ8 sia più elevata. Le ragioni non sono ancora chiare, ma sembrano dovute ad altri vantaggi evoluzionistici più “forti” dello svantaggio dovuto alla celiachia (ad esempio il fatto che questi antigeni svolgono una funzione protettiva contro le carie, che finché l’umanità non ha potuto contare su cure dentistiche rappresentavano una patologia fortemente debilitante e compromettente lo stato di salute generale).
Visto l’aumento delle diagnosi, e il fatto che comunque molte persone asintomatiche restano non diagnosticate (il ben noto iceberg della celiachia, o meglio come molti studiosi lo definiscono, l’iceberg delle malattie legate al glutine), vi è nella comunità scientifica un forte dibattito sull’opportunità o meno di effettuare screening di massa per individuare i celiaci non diagnosticati.
Ovviamente si tratta di un intervento estremamente oneroso per il sistema sanitario, da mettere in atto se se ne dovessero ravvisare indubbi vantaggi. È proprio su questo su cui verte il dibattito: i celiaci non diagnosticati hanno un’aspettativa di vita minore e rischiano maggiormente di andare incontro a patologie gravi che sono state correlate alla celiachia? Gli studi sono controversi ma per alcune patologie, quali ad esempio il linfoma non Hodgkin o il diabete di tipo I, sembra che non ci sia una sostanziale riduzione del rischio fra i celiaci diagnosticati rispetto a quelli non diagnosticati.
Quindi la questione dello screening di massa resta aperta, anche fra gli esperti.
Certamente andrebbe migliorata la capacità di diagnosticare la celiachia fra chi presenta comunque qualche sintomo, in quanto ancora oggi si assistono a ritardi nelle diagnosi, e pazienti costretti a pellegrinaggi da questo e quello specialista alla ricerca di una spiegazione per un malessere e dei disturbi che una maggiore informazione e un corretto percorso diagnostico permetterebbero di indirizzare subito verso la risposta corretta.
Malgrado i molti passi avanti nella diffusione dell’informazione e nella formazione dei medici, l’esistenza di sacche di errata informazione sulla patologia in sé e sul percorso diagnostico ritardano e a volte impediscono di giungere ad una diagnosi che una corretta informazione e un approccio sinergico renderebbero quasi scontata.
La risposta è sempre, come in molti casi, quella di potenziare la formazione e l’aggiornamento degli specialisti del settore, e di diffondere corrette informazioni fra la popolazione, spesso in balia di false credenze, informazioni sbagliate, miti e pregiudizi che ostacolano il raggiungimento di risultati positivi.
E. Lionetti, S. Gatti, A. Pulvirenti, C. Catassi, Coeliac disease from a a global perspective, Best Practice & Research Clinical Gastroenterology 29 (2015) 365-379
Progetto Saharawi Cascina
C. Catassi, S. Gatti., A. Fasano, The New Epidemiology of Celiac Disease,Journal of Pediatric Gastroenterology and Nutrition, 59 (2014)
M. Silano, Screening di massa o case-finding, Celiachia notizie – Notiziario dell’Associazione Italiana Celiachia 01 (2016), 31-32.
E. Lionetti, L’epidemiologia della celiachia, Celiachia notizie – Notiziario dell’Associazione Italiana Celiachia 01 (2016), 33-35.
S. Husby, S. Koletzko, I.R. Korponay-Szabo, M.L. Mearin, A. Phillips, R. Shamir, R. Troncone, K. Giersiepen, D. Branski, C. Catassi, M. Lelgeman, M. Maki, C. Ribes-Koninckx, A. Ventura, e K.P. Zimmer, European Society for Pediatric Gastroenterology, Hepatology, and Nutrition Guidelines for the Diagnosis of Coeliac Disease, Gruppo di lavoro sulla diagnosi della malattia celiacia di ESPGHAN (2012).
V. Marino, Svezzamento e omogeneizzati senza glutine, Gluten Free Travel and Living (2015)
F. Corami, Gluten Free Day 2015 e Scienza, Gluten Free Travel and Living (2015)
G. Pedrolli, Follow up della celiachia, Gluten Free Travel and Living (2016)